Guerra in Ucraina

Il Nordafrica è senza grano. Si rischia il boom di migranti

Centinaia di navi bloccate nel Mar Nero. L'allarme dell'Onu: la crisi alimentare rilancerà rivolte ed esodi

Il Nordafrica è senza grano. Si rischia il boom di migranti

Polveriera nordafricana, senza grano né pane l'instabilità è purtroppo molto vicina. Non c'è solo l'invasione dell'Ucraina in sé tra i problemi sul tavolo, perché il grano bloccato nel Mar Nero avrà ripercussioni gravissime anche dal punto di vista di nuove potenziali migrazioni. Molti paesi del Medio Oriente si affidano all'Ucraina per gran parte delle loro importazioni e centinaia di navi cariche di grano non stanno arrivando in una serie di Paesi come Libano, Libia, Egitto, Tunisia, Algeria a causa della guerra in Ucraina: non solo perché il porto di Odessa si è «fermato» ma perché in Ucraina non si può ovviamente coltivare sotto le bombe.

Non significa che da domani per mancanza di grano, e quindi di pane, inizieranno nuove primavere arabe, ma è ipotizzabile che alcune piazze torneranno a riempirsi, con il rischio che qualche mano violenza torni ad armarsi e che nuovi flussi migratori si dirigano verso l'Europa.

Il Libano deve l'81% delle sue forniture di grano all'Ucraina. La crisi del pane si somma a quelle altre, sociale in primis, che i libanesi stanno affrontando ormai da anni nell'isolamento più totale e dove il fondamentalismo islamico trova terreno fertile. Nessuno ha dimenticato la fortissima esplosione al porto di Beirut nell'agosto del 2020, che tra le altre cose ha distrutto i silos di grano, esarcebando tensioni mai sopite. Il crollo finanziario è ormai nei fatti e il denaro dei cittadini nelle banche è fortemente a rischio.

Russia e Ucraina insieme rappresentano quasi il 30% delle esportazioni mondiali di grano, di cui l'Egitto è il primo cliente, con l'80% delle sue importazioni di grano che arrivano appunto da Kiev e Mosca. Il Cairo sta trattando in queste settimane con mercati alternativi, anche extraeuropei, ma non è un affare che si conclude in pochi giorni, né senza un ingente svantaggio economico. Per questa ragione il governo (che sparge apparente tranquillità dinanzi ai cittadini) ha emanato a marzo un decreto per avviare la stagione locale di approvvigionamento di grano oggi, con due settimane di anticipo. L'Egitto necessita di sei milioni di tonnellate di grano, 2,5 milioni di tonnellate in più rispetto a 12 mesi fa per non rischiare di intaccare la metà delle sue riserve.

Due giorni fa in Libia un gruppo di agricoltori ha contestato il governo all'inaugurazione della fiera agricola di Tripoli, dove erano presenti il ministro del Commercio Mohamed Hwej e il vicepremier e ministro dell'agricoltura ad interim Hussein Gatrani. Gli agricoltori lamentano il mancato sostegno del governo per la sicurezza alimentare: i prezzi dei mangimi per animali sono schizzati alle stelle, la disponibilità è scarsa e la concorrenza sleale delle esportazioni estere sta facendo il resto. In un Paese fragilissimo dove la stabilità politica e sociale è precaria anche per via della fame e della mancanza finanche dell'elettricità, si tratta di un macigno sulla strada della normalizzazione istituzionale.

Dall'inizio della guerra a Odessa hanno chiuso colossi come Maersk, CMA CGM e Mediterranean Shipping Co. Hapag-Lloyd. Il terminal per container Brooklyn-Kiev di Odessa, che lo scorso anno ha movimentato 280.680 Teu, è desolatamente fermo.

Funzionari del Programma alimentare mondiale in queste settimane stanno invitando la comunità internazionale sì a concentrarsi sull'Ucraina ma senza trascurare il Sahel e il Medio Oriente, perché «altrimenti ci sarà una massiccia migrazione» verso tutte le parti d'Europa.

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