Coronavirus

Norme impossibili a tre giorni dal via. Scoppia la rivolta: "Così non si riapre"

Bufera sulle linee-guida Inail, l'ira dei governatori Bonaccini: "Un problema". Fedriga: "Inapplicabili" Zaia: "Facciamo da soli". Da lunedì ripartono le attività. E per i negozi mancano ancora le direttive

Norme impossibili  a tre giorni dal via. Scoppia la rivolta: "Così non si riapre"

Eccolo il 18 maggio, la data della vera ripartenza, la più attesa da tutti quei commercianti ed esercenti messi in ginocchio dal lockdown. Adesso che la curva epidemiologica è in decrescita e il governo si è convinto ad anticipare i tempi - in un primo momento fissati al primo giugno - bar, ristoranti, negozi, parrucchieri e centri estetici si preparano a riprendere l'attività. Un risultato ottenuto grazie al pressing delle Regioni. Ma a tre giorni dal via, mentre fervono i preparativi per ripartire in sicurezza così come previsto da alcune prescrizioni dell'Inail e dell'Istituto superiore di sanità, non tutte le regole della fase due sono pronte. Nonostante le rassicurazioni del ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, mancano ancora alcune linee guida, come quelle del commercio. E quelle che ci sono, non sempre sono chiare. Per alcuni governatori sono addirittura «inapplicabili».

Prescrizioni che rischiano di far rimanere al palo molte attività. La pensa così Massimiliano Fedriga, il governatore del Friuli Venezia Giulia, che oggi incontrerà i ministri Boccia e Speranza per far presente che le misure per garantire la sicurezza devono essere applicabili e quelle dell'Inail non lo sono affatto. «Non possiamo dire che la gente può aprire ma con norme che non glielo consentono», lamenta Fedriga. E visto che i documenti tecnici dell'Inail di alcuni settori sono in ritardo e il 18 maggio è alle porte, il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ha giocato d'anticipo sottoscrivendo linee guida regionali. Augurandosi che poi non vadano a cozzare troppo con quelle «ufficiali». «Se le linee guida Inail fossero così rigorose che per un esercente, un barista, un ristoratore, un gestore di stabilimento balneare, diventa praticamente impossibile aprire, è chiaro che sarebbe un bel problema», dice. Il presidente del Veneto, Luca Zaia, va oltre per superare l'impasse, sostenendo che le norme devono essere «mediate dall'umanità di quelli che ci lavorano»: «Le linee dell'Inail sono discrezionali. Abbiamo un'intesa verbale con il premier Conte su linee guida generali e poi la delega alle linee di apertura delle regioni». Anche la Regione Lazio, in attesa di conoscere le prescrizioni del governo, che tardano ad arrivare, si è data da fare. Dopo aver incontrato le associazioni di categoria ha stilato delle regole per chi è in procinto di aprire, ma prima di pubblicarle deve aspettare il decreto sulle riaperture. Ogni territorio, dunque, si sta muovendo in autonomia, cercando di tenere conto delle differenze tra regioni. Anche i sindaci sono preoccupati. A spiegarlo è il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. «Ad oggi non ci sono ancora provvedimenti definitivi né da parte del governo, né da parte dell'Inail sulle riaperture previste il 18 maggio», dice il numero uno del Pirellone. Oggi ci sarà un incontro con i ministri per stabilire chi potrà ripartire. Le imprese della regione vogliono ricominciare a lavorare al più preso, ma vogliono farlo in sicurezza e con regole facilmente applicabili e sostenibili. È quanto chiede Confcommercio Lombardia, portando all'attenzione delle istituzioni i timori degli imprenditori per i quali la scelta tra aprire o no dipenderà essenzialmente dal modo in cui sarà consentito farlo: «È necessario sapere se le linee guida proposte dall'Inail siano prescrizioni vincolanti o meno perché, così come ipotizzate, rischiano di essere economicamente non sostenibili per le imprese». Peccato che le linee guida ancora non ci siano.

L'agitazione dei governatori non sembra scalfire Boccia. «So per certo - dice il ministro - che molte Regioni, nonostante stiamo definendo linee guida per aprire quasi tutto, ci rimproverano che sono stringenti. Ma sulla sicurezza sul lavoro non facciamo passi indietro, perché deve essere chiaro che i prossimi luoghi di contagio saranno quelli di lavoro.

Non possiamo non garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro, dei lavoratori e dei clienti stessi».

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