Il crollo della Torre dei Conti in pieno centro a Roma ha rinfocolato le polemiche sulla gestione del patrimonio storico e archeologico del nostro Paese. L'edificio medievale, costruito nel nono secolo da Pietro dei Conti di Anagni sopra i resti di un tempio romano, era ridotto piuttosto male: infiltrazioni d'acqua, crepe attraverso le quali era penetrata una fitta vegetazione, controsoffitti parzialmente crollati. Uno stato di degrado che aveva sollecitato i lavori di restauro, inseriti tra i 113 interventi del programma di competenza di Roma Capitale "Caput Mundi" finanziati dalla tranche giubilare del Pnrr. L'intervento sulla Torre dei Conti, che prevedeva anche la realizzazione di un percorso di visita e l'allestimento di uno spazio per conferente ed esposizioni, era stato finanziato con 6,9 milioni.
Insomma, i lavori sono arrivati troppo tardi. Ma sciocco sarebbe attribuirne la responsabilità al ministero della Cultura, prima di tutto perché la Torre dei Conti appartiene al patrimonio storico e architettonico di Roma Capitale, gestito dalla Sovrintendenza Capitolina come molte altre emergenze. E infatti l'ente guidato dal sindaco Roberto Gualtieri stava gestendo i lavori interrotti drammaticamente ieri.
Non solo, quanto accaduto ieri in largo Corrado Ricci deve far riflettere quanti hanno accusato negli ultimi mesi il ministro della Cultura Alessandro Giuli - presente ieri sul luogo del crollo - di aver trascurato il cinema, tagliandogli i fondi a vantaggio della tutela e della valorizzazione del patrimonio storico e archeologico del Paese. L'episodio di ieri dimostra che occuparsi dei nostri monumenti più che di un film che magari non vedrà nessuno può essere una scelta opinabile (ognuno ha il suo senso delle priorità) ma non certo un'assurdità.
Anche perché il ministero della Cultura ha investito nel 2024/25 una cifra di 680 milioni, a cui vanno aggiunti i fondi europei (153 milioni stanziati nel 2021 ma approvati da Roma nel 2024) e gli 834 milioni del Pnrr cultura, messi a terra principalmente dal governo Meloni. Insomma, all'incirca un miliardo e mezzo per salvaguardare la nostra storia, il nostro turismo e a questo punto anche la nostra sicurezza.