Coronavirus

"Il nostro aiuto all'Italia? È stato Putin a volerlo. Ma il mondo cambierà"

L'ambasciatore: "Siete un Paese che amiamo. Collaborare con voi va oltre ogni sanzione"

"Il nostro aiuto all'Italia? È stato Putin a volerlo. Ma il mondo cambierà"

Ambasciatore Sergey Razov, la Federazione Russa ha fornito all'Italia un aiuto enorme: gli Ilyushin atterrati a Pratica di Mare, hanno portato 122 specialisti, tonnellate di materiale, macchinari per analizzare i tamponi. Come è nata questa iniziativa?

«La sera del 21 marzo su iniziativa della Russia si è svolto un colloquio telefonico tra il presidente Putin e il presidente del Consiglio Conte. In risposta all'appello della parte italiana, il presidente Putin ha confermato la disponibilità della Federazione Russa a fornire immediatamente tutto l'aiuto necessario al governo e al popolo italiano. A due giorni di distanza dalla telefonata fra i due leader, nove aeromobili pesanti dell'aviazione di trasporto militare russa, con una portata massima di 60 tonnellate ciascuno, sono arrivati in Italia. Il giorno successivo altri 5 voli speciali hanno raggiunto la Penisola e ieri è partito un ulteriore cargo. In totale sono stati effettuati 15 voli speciali per la consegna di aiuti».

Come verranno impiegati i vostri specialisti in Italia?

«Si è deciso di inviarli a Bergamo, dove l'altra sera e arrivata una colonna di mezzi speciali russi. I nostri medici lavoreranno fianco a fianco dei colleghi italiani».

Come viene seguita a Mosca la crisi italiana?

«È noto l'amore che i russi nutrono per l'Italia e la simpatia che provano per gli italiani. I russi sono dispiaciuti per l'epidemia che si è abbattuta sul vostro Paese ed esprimono tutta la loro solidarietà. L'invio degli aiuti è un'altra conferma di questa solidarietà».

C'è un mistero legato alla scarsa diffusione del virus in Russia.

«Non c'è nessun mistero. L'infezione da Covid-19 è arrivata in Russia più tardi che in Europa. Grazie alle misure prese in anticipo noi riusciamo a contrastare la diffusione della malattia. Noi da parte nostra informiamo il ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa e i vertici del Paese in merito alle misure prese dall'Italia».

Cosa sta accadendo ora in Russia: a che punto è il contagio e come si sta cercando di arginarlo?

«In Russia è stato creato un Centro operativo per contrastare il diffondersi del Coronavirus. Una serie di misure è stata messa in atto dal dicembre 2019 in conformità al Piano nazionale di prevenzione all'introduzione e alla diffusione della nuova infezione da Coronavirus dal momento in cui si è avuta la notizia dei primi casi di un'infezione, allora non ancora conosciuta, a Wuhan, in Cina. Nell'aeroporto di Sheremetyevo a Mosca, l'unico che accoglie voli da Paesi con una pesante situazione epidemiologica, è stato costituito un Terminal speciale. I passeggeri vengono visitati, intervistati e rinviati a osservazione medica presso il proprio domicilio. Tutti i passeggeri, provenienti da tali paesi, che non presentano sintomi, vengono messi in quarantena presso il proprio domicilio per 14 giorni. A oggi in Russia si sono registrati 658 casi e ieri, purtroppo, abbiamo avuto le prime due vittime. Ieri in tv Putin ha parlato di misure supplementari per bloccare la malattia».

Gli aiuti all'Italia sono il segno di rapporti di amicizia consolidati, anche negli anni delle sanzioni. In pochi giorni la vita del nostro Paese è cambiata. E la sua?

«Il nostro aiuto è la dimostrazione disinteressata della nostra solidarietà al popolo italiano indipendentemente dalla congiuntura politica. Per quanto riguarda le precauzione da noi prese, l'Ambasciata e i Consolati non possono interrompere il loro lavoro».

È vero che è in costruzione un maxiospedale alle porte di Mosca per i contagiati da Covid-19?

«Sì, è vero. A 50 km dal centro della capitale russa si sta lavorando per costruire in soli 30 giorni un nuovo ospedale che potrà accogliere i pazienti gravi affetti da coronavirus. Sono previsti 500 posti letto, di cui 260 attrezzati per la rianimazione».

La crisi sanitaria sta mettendo a dura prova le relazioni internazionali. Come reagisce a questo shock planetario la Federazione Russa?

«Il coronavirus ha cambiato radicalmente alcuni aspetti della nostra vita. Purtroppo è necessario chiudere le frontiere e limitare gli spostamenti tra Paesi. Un terremoto di queste proporzioni modificherà anche le carte della geopolitica».

Che cosa accadrà nel Medio Oriente?

«Bisogna immediatamente porre fine alla violenza, introdurre il regime del cessate il fuoco, fare una pausa umanitaria. In caso contrario, si rischia una catastrofe umanitaria di dimensioni mondiali. Preoccupano particolarmente per ragioni ben chiare la Siria, la Libia, lo Yemen, l'Afghanistan e l'Irak».

La Federazione Russa ha varato negli anni scorsi un piano dello sviluppo dell'industria che si riassume nelle formula import-substitution. Insomma, i beni di consumo importati vengono sostituiti da beni di consumo prodotti sul mercato interno. Che prospettive offre questo modello di sviluppo al all'export italiano, precipitato da 15 a 11 miliardi di dollari?

«A causa delle sanzioni introdotte per ragioni politiche, i produttori europei, inclusi quelli italiani, hanno subito e continuano a subire molte perdite economiche. Per gli esportatori non sarà facile tornare in Russia: il mercato è stato occupato da produttori nazionali e degli esportatori proveniente da altri Paesi».

Le sanzioni occidentali hanno dato un impulso allo sviluppo della sostituzione delle importazioni. In tal senso i produttori russi con il sostegno dello Stato hanno raggiunto dei buoni risultati in diversi campi, in primo luogo in quello agricolo, farmaceutico e in diversi settori industriali.

«Ma, nonostante tutto, l'Italia rimane uno dei nostri maggiori partner economico-commerciali. Continua la collaborazione in importanti settori quali quello petrolchimico, energetico, quello della costruzione di infrastrutture per i trasporti e di infrastrutture pubbliche, l'agroalimentare. Secondo i dati della Confindustria-Russia sempre più aziende italiane localizzano la loro produzione in Russia, passando dalla vendita del prodotto finito alla vendita di tecnologie e alla produzione congiunta.

Si va quindi dal made in Italy a un nuovo modello che si può definire made with Italy, Fatto con l'Italia».

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