Cronache

Nonna emigrata vuol morire italiana. Ma il nostro Paese le chiude le porte

Per le nozze con un tunisino nel 1957 ha perso la cittadinanza. Ora la rivorrebbe ma il Comune di Pordenone gliela nega

Nonna emigrata vuol morire italiana. Ma il nostro Paese le chiude le porte

La migrante di ritorno che l'Italia non vuole. Lucia Salamon ha 89 anni e oggi pomeriggio un volo da Venezia la riporterà diretta a Tunisi, dove vive, insieme alla nipote Miriam che di anni ne ha 32. Lucia è nata in Italia a Torre, un quartiere del comune di Pordenone, nel 1927. La sua famiglia è di origine italiana ma quando lei ha cinque anni, migra in Francia. Qui nel 1955 Lucia conosce l'uomo che sposerà, un tunisino. Si trasferisce a Tunisi e nel 1957 si sposa. In seguito al matrimonio Lucia perde la cittadinanza italiana, sebbene non abbia firmato nulla. «Mia nonna racconta la nipote al Giornale, in una conversazione a metà tra l'inglese e il francese - si sente italiana, vuole riavere la sua vera nazionalità ma non è possibile».

Come aveva spiegato Miriam a Il Gazzettino il matrimonio era stato celebrato a Tunisi e la donna aveva perso automaticamente la propria cittadinanza per ottenere quella del marito. E così Lucia Salamon era diventata Lucia Benalì. Ma lei, sebbene non rinneghi il passato, non ci sta. E combatte da vent'anni per riavere la sua nazionalità. «Io sono italiana e voglio morire da italiana» dice. Un desiderio che solo la burocrazia più rigida e inflessibile non può non soddisfare. Ma burocrazia, si sa, non fa rima con cuore né con amore. Perché tutte le sue richieste, dagli anni Novanta in poi, per riottenere lo status italiano sono finite nell'oblio, inascoltate. «Mia nonna spiega la nipote non riesce a recuperare la propria nazionalità. It's too late continua a ripeterci è troppo tardi».

C'era una legge infatti che consentiva agli emigrati di chiedere la cittadinanza italiana entro gli anni 70. La donna però era in Tunisia, e naturalmente non aveva modo di esserne informata stando lì, ma alla burocrazia non interessa. Lucia però non si arrende e invia l'ennesima richiesta all'ambasciata italiana in Tunisia, ottenendo il certificato di nascita. Così lunedì scorso decide di volare a Pordenone accompagnata dalla nipote. Qui Miriam per caso conosce l'avvocato Francesco Furlan che prende a cuore la questione. La pratica per riavere la cittadinanza è di competenza del Comune. Ma dal palazzo municipale le dicono che per riaverla deve vivere a Pordenone almeno per un anno. Come non si sa, dato che la nipote vive a Tunisi e Lucia in Italia ormai non ha più nessuno. «Mia nonna spiega ha 89 anni, come fa a rimanere a Pordenone da sola?». In più come se non bastasse dalla stanza dei bottoni le fanno avere infiniti moduli da compilare per ottenere il permesso di soggiorno ma la nipote ci dice che il permesso non lo può avere e quando le chiediamo perché ci risponde «I don't know, non lo so».

Esisterebbe comunque una procedura che permetterebbe di «accelerare» i tempi (se dopo vent'anni così si può dire) per ottenere la cittadinanza. Sempre però a una condizione: vivere in Italia per un anno. «Mia nonna è molto triste racconta la nipote - oggi torniamo a Tunisi, ma la nostra battaglia non finisce qui perché my grandmother is italian, mia nonna è veramente italiana».

Una storia che ha dell'assurdo. Soprattutto di questi tempi dove i permessi di soggiorno fioccano, i ricorsi vinti dagli immigrati anche, ma una donna italiana che chiede di tornare a esserlo no.

L'Italia, gli italiani, sembra proprio non volerli.

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