Il governo Gentiloni, ormai privo di una reale maggioranza, s'appresta a varare una deludente legge che ripristina i voucher, non in una versione migliorata, ma in una versione peggiorata, che sa di arcaico. La legge che regolamentava i voucher aveva, senza dubbio, dei difetti tecnici di struttura, che davano luogo ad abusi nell'utilizzo di questo strumento, a cui era ragionevole porre rimedio. Ma la ragione per cui i voucher sono stati abrogati era che si voleva evitare un referendum, in cui la maggioranza di governo rischiava una nuova sconfitta. La reintroduzione dei voucher o di analoghi strumenti era e rimane indispensabile per dare un po' di sollievo alla disoccupazione dei giovani e per rendere più flessibile l'offerta produttiva delle industrie e dei servizi. Senza i voucher il Jobs act, basato tutto sui contratti a tempo indeterminato e su quelli a termine di natura non temporanea, dà all'offerta produttiva una struttura inadeguata alla fluttuazione della domanda.
Purtroppo, il testo che il governo, a fatica, ora partorisce non è adeguato alle aspettative. Infatti i voucher di nuovo conio potranno essere utilizzati soprattutto per le baby sitter, l'integrazione del lavoro domestico e per le piccole imprese, non per le imprese medie e grandi per le quali sarebbero necessari per supplire alle rigidità insite in una offerta di lavoro basata solo su contratti di natura non temporanea. È anche evidente che questi voucher per il lavoro domestico non servono ai giovani che hanno un'offerta di lavoro qualificata ma, paradossalmente, saranno più utili per dare una occupazione, sia pure saltuaria, agli immigrati più che agli studenti e ai neo diplomati o neo laureati. D'altra parte le piccole imprese dell'artigianato e dei servizi sono per loro natura più flessibili di quelle medie e grandi e pertanto hanno meno bisogno dei voucher di queste ultime. Nel caso delle imprese industriali e di servizi piccole e dinamiche, il fatto che i voucher possano valere per loro solo se rimangono nane, genera una nuova barriera alla crescita. Molte volte si è detto che il fatto che l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori valesse solo per le imprese da una certa dimensione in su, ostacolava la crescita di dimensione delle imprese. Ora, dopo aver abolito l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, si introduce una nuova norma che favorisce il nanismo delle attività di produzione di beni e di servizi. Infine, il fatto che siano consentiti i voucher per le baby sitter, ma non per il lavoro femminile di carattere tecnologico o di natura culturale, implica un nuovo effetto «bambola». La donna può emanciparsi, ma sino a un certo punto, poiché come donna che fa servizi di casa risulta solo una «bambolona».
Tutto ciò, in un mondo di mercati globali, di reti informatiche, di grande distribuzione, di sviluppo basato sulle economie di scala appare come un girare le lancette dell'orologio all'indietro, anziché avanti. Ma il fatto è che il governo Gentiloni, pur con i dovuti pregi per la presenza di figure di grande professionalità, è un governo crepuscolare e non può che partorire una soluzione crepuscolare.
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