La nuova casta grillina: seggi ai portaborse

Decine gli assistenti parlamentari che sono pronti a correre per uno scranno

La nuova casta grillina: seggi ai portaborse

Giuseppe Prezzolini, giornalista, scrittore e intellettuale «non conformista», aveva ragione a dividere gli italiani in due categorie: i furbi e i fessi. Ma, purtroppo, non ha potuto assistere alla discutibile parabola dei grillini. Una «terza categoria», non in senso dispregiativo-calcistico, di italiani. Da molti considerati «fessi», però abbastanza «furbi» da volersi assicurare a tutti i costi una cadrega in Parlamento. Soprattutto se il cursus honorum è quello giusto. Prima attivista, magari «consulente», poi portaborse e infine parlamentare della Repubblica.

Quale migliore occasione delle parlamentarie su «Rousseau» per fare, finalmente, il grande salto. Le gerarchie, come ai tempi del peggior Pci, contano e pazienza se alcuni militanti si lamentano così: «Ho presentato la mia autocandidatura ma le liste saranno piene di portaborse, perché sono favoriti dall'aver già svolto un lavoro politico in Parlamento e nelle regioni».

E pazienza pure se il nuovo regolamento dei pentastellati, all'articolo 6 comma d, lasciava intendere una porta sbarrata per assistenti parlamentari e simili. Eccone la formulazione: «Ogni candidato non dovrà avere in corso contratti di collaborazione di qualsivoglia natura e/o di lavoro subordinato con portavoce eletti sotto il simbolo del Movimento Cinque Stelle o con gruppi di portavoce eletti sotto il simbolo del Movimento Cinque Stelle». E il trucco è dietro l'angolo, come i migliori azzeccagarbugli: «Dovrà eventualmente fornire una lettera di dimissioni all'atto dell'accettazione». La base, furibonda, parla di «un contentino per tutti quelli che avevano protestato per le candidature dei collaboratori, ad esempio alle Europee del 2014». Quello che si sa è che tra portaborse, staffisti, lacchè e impiegati siamo sulle «centinaia di candidati».

C'è già chi ha ufficializzato la decisione. E, come alle ultime regionali, in Sicilia dovrebbe essere boom di «raccomandati». In corsa per Montecitorio c'è il giovanissimo (28 anni) Santi Giardina, assistente della senatrice catanese Nunzia Catalfo, riconfermata da Luigi Di Maio nel collegio dei probiviri. Segue Clementina Iuppa, anche lei di Catania, collaboratrice all'Assemblea regionale siciliana della portavoce Angela Foti, rieletta a novembre. Simona Suriano, nello staff del M5s ancora in Sicilia all'Ars, tenterà la lotteria per un seggio alla Camera. Sempre nell'isola c'è Valerio Scarcella, già candidato alle regionali ed ex collaboratore del deputato Tommaso Currò, poi fuoriuscito dal Movimento e transitato nel Pd.

Un altro aspirante parlamentare è il romano Emanuele Menicocci, potente braccio destro e fidato portaborse della senatrice Elena Fattori, la ras di Genzano di Roma, comune grillino dei Castelli. Menicocci correrà al Senato. Nella Capitale si fa il nome di Massimo Lazzari, fedelissimo della deputata Carla Ruocco. Certa la presenza di Stefano Girard alla Camera, portaborse del senatore torinese Marco Scibona. Dalla galassia No-Tav piemontese arriva anche Luca Carabetta, staffista del deputato Ivan Della Valle, aspirante portavoce a Montecitorio con tanto di video di presentazione.

E in Veneto gli occhi sono puntati su Giorgio Burlini, collaboratore del senatore padovano Giovanni Endrizzi.

Tornando ai maestri del passato, viene in mente Leo Longanesi che scrisse: «Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola». Oppure in Parlamento.

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