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Nuova deriva grillina del Pd: troppi ultrà liberisti al potere

L'attacco del vicesegretario Provenzano sconcerta il partito. "Atto contro Letta per spostare l'asse a sinistra"

Nuova deriva grillina del Pd: troppi ultrà liberisti al potere

L'ennesimo caso che fa (silenziosamente) imbufalire mezzo Pd è scoppiato ieri, dopo un tweet del vicesegretario Peppe Provenzano, l'ex ministro (non confermato da Mario Draghi) che Enrico Letta ha chiamato a presidiare l'ala sinistra del partito, e che - a detta di molti - si sta allargando un po' troppo. Creando difficoltà allo stesso segretario.

Provenzano attacca il premier, con la scusa di alcune nomine che non gli piacciono: «A coordinare e valutare la politica economica nella più grande stagione di investimenti pubblici è opportuno chiamare degli ultras liberisti» che, a suo dire, hanno passato «una vita a infamare la spesa pubblica», si chiede l'esponente dem. Invitando poi «alcuni consiglieri a Chigi» ad «aggiornare le rubriche, se non le letture». Nel mirino del vice di Letta sono alcuni economisti di vaglia, chiamati a far parte del nucleo tecnico di coordinamento della politica economica, nel Dipartimento programmazione economica diretto da Marco Leonardi. A suo parere troppo «liberisti» («perché non sa la differenza tra liberisti e liberali», suggerisce l'ex capogruppo Andrea Marcucci).

Il siluro al premier (corredato da rimando ad un articolo ovviamente critico del Fatto Quotidiano, organo del partito dei vedovi del governo Conte) non piace per nulla a molti compagni di partito. Che ci vedono l'ennesimo indizio di «una deriva grillin-comunista che Letta non riesce ad arginare», come osserva un parlamentare, e un nuovo sintomo di una linea ondivaga verso il governo che finisce per regalare il premier, la sua popolarità e i successi del suo esecutivo agli alleati di centrodestra. Mentre «l'agenda Draghi deve essere la nostra agenda», come ripetono dirigenti come Lorenzo Guerini o Graziano Delrio.

«La verità - spiega un esponente di Base Riformista - è che Provenzano sta lanciando un Opa contro Letta: cerca di posizionarsi come futuro candidato segretario di un Pd nettamente spostato a sinistra». A Provenzano viene attribuita ad esempio la paternità del pasticcio Calabria: il candidato riformista del Pd è stato fatto saltare in nome di una alleanza con M5s (6%). Col risultato che ora il Pd non ha né candidato né alleanze.

«Bisogna aspettare ottobre per capire che cosa succederà nel Pd», è il mantra ripetuto. Il risultato delle amministrative dirà se Letta si rafforza, o se si apre la crisi. La politica dell'alleanza con Conte non ha dato frutti, a parte Napoli. Ma i dem non sanno come uscire dalla trappola: «Bisognerebbe avere il coraggio di riconoscere che, oggettivamente, siamo in competizione con M5s e corriamo contro i loro candidati», dice Valeria Fedeli. A Torino i grillini hanno partecipato alle primarie, sostenendo il candidato arrivato ultimo. Mentre ha vinto quello più ostile ai 5S, che ora correranno contro i dem. Ma la situazione più critica è a Roma.

Molti, nel Pd, confidano un timore: che Carlo Calenda (che, dopo la scelta del candidato meloniano, attira molte simpatie in area moderata e che fa una chiara campagna contro il disastro Raggi) vada al ballottaggio, con più voti di Gualtieri che corre con le mani legate dal non poter parlare male dei grillini. Per il Pd sarebbe una catastrofe, esplosiva quanto una vittoria di Isabella Conti alle primarie di Bologna, contro il vecchio establishment post-Pci.

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