Il tempismo non è dei migliori. Una voluntary disclosure presentata dopo la pubblicazione della lista dei Vip con capitali nei paradisi fiscali ha varie controindicazioni dal punto di vista dell'immagine, ma le esigenze della finanza pubblica pesano molto nel 2016. Per questo si fanno sempre più insistenti le voci di una riedizione della regolarizzazione dei capitali italiani detenuti all'estero.
Indiscrezione circolata già nelle settimane scorse e mai confermate dall'esecutivo. Il governo è convinto che la voluntary del 2015, i cui termini sono stati prorogati fino alla fine dell'anno, non abbia fatto emergere tutto il dovuto.I dati ufficiali dell'Agenzia delle entrate sono ancora quelli del dicembre scorso. Nelle casse dello Stato sono entrati circa 3,8 miliardi di euro, gettito creato dagli oltre 59 miliardi e 500 milioni di euro rientrati e da 129 mila domande. Le verifiche da parte del Fisco delle singole posizioni sono ancora in corso e andranno avanti per tutto l'anno. Ma si pensa a un altra edizione, che potrebbe riguardare gli stessi contribuenti che l'anno scorso hanno riportato i capitali da paesi con un fisco più favorevole. Del dossier si starebbe occupando, come nella prima versione, il viceministro dell'Economia Luigi Casero.
Le eventuali risorse aggiuntive non sarebbero contabilizzate nel Def, il Documento di economia e finanza che sarà presentato entro lunedì dal governo. Ma potrebbero servire nel 2017, se le previsioni di crescita del Pil e gli obiettivi di finanza pubblica non fossero rispettati.
D'altro canto, per fare quadrare i conti dell'anno in corso si farà ricorso proprio alla contabilizzazione delle entrate extra della precedente versione del rientro dei capitali. È ormai ufficiale che le previsioni di crescita per i 2016 saranno riviste al ribasso. Intorno allo1,4% rispetto all'1,6%.
Il viceministro dell'Economia Enrico Morando ha assicurato che non ci sarà una manovra correttiva, ma si recupereranno risorse per via «amministrativa». Tradotto, verranno ripescate proprio le risorse della voluntary disclosure 2015 e i risparmi sul costo del debito pubblico. Debito «mostro» che, ha assicurato ieri il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, «stiamo domando», anche grazie ai tagli alla spesa.
Tesi non condivisa da Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera che ha risposto citando l'ultima nota di aggiornamento del Def: «Dal 2014 al 2016 la spesa pubblica in Italia è aumentata da 826,2 miliardi del 2014 a 840,4 miliardi del 2016: +14,2 miliardi». Nel 2019 «la spesa pubblica italiana supererà gli 866 miliardi di euro. Altri 24 miliardi di spese in più. È così che hanno in mente di fare Spending review Renzi e Padoan?».
Altro dato che non accenna a cambiare è quello della pressione fiscale. Ieri l'Istat ha certificato che quella del 2015 si è attestata al 43,5%, in calo di 0,1 punti su base annua ma in rialzo di 0,2 punti sulla stima precedente. A fare salire, secondo l'Istituto di statistica, le risorse del fondo salva banche, contabilizzate come imposte.
Sempre dall'Istat sono arrivati i dati sul potere di acquisto delle famiglie, aumentato per la prima volta da otto anni. Lo scorso anno è aumentato dello 0,8%: si tratta del primo rialzo dal 2007 quando segnò l'1,3%.
Merito dell'inflazione bassa, che però rappresenta un problema per la finanza pubblica, ma anche per l 'economia reale dell'Italia e degli altri stati dell'Unione monetaria come ha ricordato ieri Peter Praet, membro del board della Bce.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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