Non esiste solo il rischio attentati a stazioni di servizio, gasdotti e oleodotti, come risulta da un'informativa dell'Intelligence che ha portato le questure italiane a diffondere ai dirigenti un'ordinanza con cui si chiede alle forze dell'ordine di prestare la massima attenzione sul territorio nazionale, soprattutto nelle grandi città. Arriva, infatti, la notizia che si stanno monitorando anche i flussi migratori, vista la ripresa degli arrivi degli ultimi giorni. L'allerta sarebbe legata soprattutto alla possibile infiltrazione tra i migranti di jihadisti pronti a colpire l'Europa, Italia compresa. Ecco perché le misure non riguarderanno solo controlli a tappeto sugli obiettivi sensibili, ma anche verifiche più attente sugli arrivi degli immigrati, soprattutto di quelli provenienti dalla Tunisia, da dove è più facile partire, e monitoraggi dei centri di accoglienza. Ma si terranno d'occhio anche i centri di culto e di aggregazione, dove gli estremisti possono fare proseliti.
La mano armata dell'Isis, infatti, non ha mai smesso di essere puntata verso l'Europa e l'Italia, benché fino a oggi non ci siano stati attentati, è tra i Paesi a maggior rischio. Da qui sono passati, infatti, moltissimi attentatori che hanno poi compiuto stragi in Europa. Tra i tanti si ricorda Anis Amri, che fu ucciso da due agenti nel Milanese.
Per questo motivo l'antiterrorismo è allertato su tutto il territorio nazionale. Le Api (Aliquote di primo intervento) dei carabinieri e le Uopi (Unità operative di primo intervento) della Polizia hanno il compito di monitorare gli obiettivi sensibili nelle principali città italiane, ma anche la Guardia di Finanza avrà un importante ruolo di controllo.
Peraltro, la notizia diffusa ieri dal Giornale ha destato non poca sorpresa tra i militari. A quanto pare, infatti, gli Stati maggiori non erano stati informati del rischio terrorismo. C'è una foto, diffusa dal sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo, che la dice lunga sui rapporti tra Viminale e Forze armate, scattata durante il morning update (la riunione del mattino) tra il politico e l'Esercito, alla presenza del capo di stato maggiore Salvatore Farina, del sottocapo Giovanni Fungo e del comandante Comfoter Coe (Comando delle forze operative terrestri e Comando operativo Esercito) Federico Bonato in cui si vede proiettato il nostro articolo. Della circolare, secondo quanto risulta e in base a quanto affermato da fonti vicine alla Forze armate, qualche capo di stato maggiore non era neanche a conoscenza. Tanto da spingere a richiedere la circolare al Giornale. La domanda sorge spontanea: che fine ha fatto lo spirito di collaborazione utile a prevenire rischi per la sicurezza nazionale? Se è vero che la nostra Intelligence è tra le migliori al mondo e che finora si sono evitati attentati proprio grazie alla sinergia tra forze di polizia e militari, lo è anche che una notizia come quella di un'allerta così alta non può essere nascosta all'opinione pubblica. Fondamentale è, infatti, l'apporto di tutti.
L'onorevole Gianni Tonelli (Lega) sottolinea come «questo voler nascondere, da parte della Lamorgese, un rischio terrorismo così elevato, così come è avvenuto quando non si diffuse la notizia della presenza sulla Sea Watch 3 di Carola Rackete di tre torturatori libici, è estremamente grave. Il pericolo attentati dai fatti di Charlie Hebdo è sempre stato alto e a maggior ragione - prosegue - ci vorrebbe più attenzione».
Sulla stessa linea il segretario generale del Sindacato autonomo di polizia, Stefano Paoloni: «In questi casi - spiega - il coordinamento per il contrasto dei crimini terroristici così efferati è fondamentale.
Ecco perché serve una formazione adeguata, soprattutto perché si tratta di persone che si immolano al martirio. Sono quindi necessari un approccio diffidente e mezzi adeguati, con giubbotti antiproiettile che trattengano i colpi di Kalashnikov, sottocamicia per chi è esposto e, in genere, dotazioni e tecniche idonee».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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