La via "obbligata" di Netanyahu. Fonti militari: "L'occupazione per non far crollare il governo"

Per il 62% degli israeliani il premier non ha più consenso. "Linea dura per gli alleati estremisti"

La via "obbligata" di Netanyahu. Fonti militari: "L'occupazione per non far crollare il governo"
00:00 00:00

Un primo ministro sempre più indebolito agli occhi dell'opinione pubblica israeliana. Un primo ministro che, pur di tenere in piedi il suo governo e mantenere il potere, andrà avanti con l'occupazione di Gaza City. È il quadro su Benjamin Netanyahu che emerge ormai non solamente da molte analisi politiche, ma anche dal più recente sondaggio condotto fra gli israeliani e insieme da indiscrezioni che arrivano dalle Idf, le Forze Armate d'Israele. Entrambe le rivelazioni sono apparse sul quotidiano israeliano Maariv. La prima è il frutto di una rilevazione condotta fra il 20 e il 21 agosto da Lazar Research, in collaborazione con Panel4All. Agli intervistati è stato chiesto se, "indipendentemente" da come abbiano votato alle ultime elezioni, credano che "il governo goda adesso della fiducia della nazione". Il 62% ritiene che l'esecutivo Netanyahu abbia perso la fiducia degli israeliani, contro il 27% convinto che abbia ancora il sostegno dell'opinione pubblica. Impressioni, dunque. Percezioni. Ma rivelatrici di un clima che si respira in Israele a due anni e mezzo da inizio conflitto.

A proposito del sostegno all'accordo per il ritorno degli ostaggi, il 46% degli intervistati si è detto convinto che il governo debba firmare un'intesa globale che ponga fine alla guerra, mentre il 18% si è definito contrario e sostiene che l'esercito debba continuare a combattere Hamas, anche a rischio della vita dei rapiti.

Perché allora Netanyahu spinge con l'occupazione di Gaza nonostante la voglia dei suoi concittadini di mettere fine al conflitto? Secondo fonti interne alle Idf, il primo ministro è consapevole che la sopravvivenza del suo governo dipenda dall'attuazione dei piani per l'occupazione di Gaza City. "L'impressione è che stia portando avanti l'operazione perché comprende di non poter mantenere il controllo del suo esecutivo senza di essa: l'esecutivo crollerebbe", ha spiegato la fonte della Difesa. Il timore della fine dell'esperienza di governo sarebbe insomma ben più forte anche delle proteste di piazza che continuano a susseguirsi in Israele, dove ieri di nuovo centinaia di persone sono scese in strada a Tel Aviv per chiedere un accordo che riporti a casa gli ostaggi, chiuda il conflitto e dia sollievo ai civili palestinesi dell'enclave. In mattinata era toccato al ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra "Potere ebraico", finire tra le contestazioni di un gruppo di manifestanti mentre si recava in sinagoga a Kfar Malal, nel centro di Israele, dove gli hanno urlato "terrorista" e "criminale", accusandolo di boicottare un accordo. Anche per questo, per offrire un'alternativa al capo di governo più longevo della storia di Israele, il leader centrista Benny Gantz ha proposto in queste ore a "Bibi" la pazza idea del proprio ritorno nell'esecutivo, un governo a scadenza di sei mesi con il leader di opposizione Yair Lapid e il leader di Israel Beytenu, Avigdor Lieberman. Obiettivo: firmare la tregua, riportare a casa gli ostaggi e poi tornare alle urne. Improbabile che accada.

Quel che sempre più analisti ritengono invece assodato è che l'assenza di pressioni sull'esecutivo Netanyahu da parte di Donald Trump stia lasciando mano libera al premier israeliano, senza contenerne le derive, e stia allontanando la prospettiva di un cessate il fuoco.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica