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Occupati record ma pesa il fattore Cigs

Tasso di occupazione al 60,5% grazie ai 50enni usciti dalla Cassa

Occupati record ma pesa il fattore Cigs

A ottobre si è raggiunto un nuovo record dal 1977, anno di inizio della serie, per il tasso di occupazione che ha raggiunto il 60,5% (+82mila posti rispetto a settembre per un nuovo massimo storico di 23,2 milioni). Su base annua l'incremento è stato pari a 496mila occupati ed è stato determinato dall'aumento dei dipendenti che ammontano a circa 18,2 milioni. Il tasso di disoccupazione è calato al 7,8% e quello di inattività al 34,3. Positiva anche la dinamica della disoccupazione giovanile (23,9% in calo di 0,2 punti su settembre).

In particolare l'occupazione aumenta a ottobre (+0,4% mensile) per uomini e donne, per i dipendenti permanenti e per gli ultracinquantenni; diminuisce invece per le restanti classi di età, per i dipendenti a termine e gli autonomi (-17mila posti a settembre e crescita complessiva di 29mila unità in 12 mesi). Il tasso di occupazione è aumentato solamente nella fascia 50-64 anni (+0,8%) con conseguente riduzione del tasso di inattività (-0,7%). Tale dinamica, unita a un progressivo invecchiamento della popolazione, induce a ritenere che sia diminuito il ricorso alla cassa integrazione con conseguente uscita dall'inattività di coloro che godevano degli ammortizzatori sociali da più di tre mesi. Dal 2021, infatti, chi percepisce la cigs per più di tre mesi viene computato come inattivo perché non lavora e si presume che non sia in cerca di occupazione in attesa di rientrare alla propria attività. Insomma, la fotografia dell'Istat mostra che tra la fine del terzo trimestre 2022 e l'inizio di quello in cui ci troviamo le dinamiche occupazionali erano positive (probabilmente sorrette anche dalla forza propulsiva del comparto turistico), come confermato anche dalla crescita del Pil dello 0,5% tra luglio e settembre e di cui i posti di lavoro sono una derivata.

Non è il caso di celebrare eccessivamente anche se gli anni più recenti sono stati caratterizzati da tassi di disoccupazione prossimi al 10 per cento. In primo luogo, perché il caro-energia e il rallentamento dell'economia globale potrebbero produrre effetti negativi anche sulle possibilità di impiego nel nostro Paese. In secondo luogo, come detto, il numero dei lavoratori under 50 si sta progressivamente assottigliando e nel futuro si porrà nuovamente il problema della sostenibilità di un sistema di welfare nel quale il tasso di attività della popolazione fra 15 e 64 anni, pur in presenza del nuovo record di occupati, è al 65,7 per cento. Tutte questioni alle quali il ministro del Lavoro, Marina Calderone, intende dedicarsi giacché le sue ultime dichiarazioni pubbliche si sono concentrate sulle politiche per far incontrare tra domanda e offerta e, soprattutto, per rilanciare forme contrattuali professionalizzanti come l'apprendistato.

«Il buon andamento del mercato del lavoro negli ultimi due mesi, posto a sistema con il balzo della fiducia di novembre, apre nuove possibilità di tenuta dell'attività produttiva nella parte finale dell'anno in corso», ha commentato l'Ufficio studi di Confcommercio ricordando che «uno degli elementi di criticità continua ad essere rappresentato dal lavoro autonomo che, a parte occasionali miglioramenti, continua a registrare una progressiva tendenza alla riduzione». Lettura in chiaroscuro anche da parte della Cisl.

Il segretario confederale Giulio Romani, pur sottolineando la crescita dei contratti a tempo indeterminato, ha evidenziato che «la riduzione dei contratti a termine non è di per sé una buona notizia perché potrebbe rischia di porre fine al meccanismo virtuoso assunzione a termine-stabilizzazione».

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