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Oggi ritorniamo al futuro

La corsa della macchina del tempo del celebre film con Michael J. Fox è arrivata finalmente ai nostri giorni. Il presente però non entusiasma

Oggi ritorniamo al futuro

Il futuro era adesso. La DeLorean è grigio argento e come sempre un po' scassata. Doc e Marty sono a bordo, Jennifer bella e rompiscatole come tutte le ragazze anni '80 è sul sedile posteriore, sul display appare una data lontana 26 anni, piove che neppure Noè, ma tra trenta secondi esatti smetterà, basta comunque un fulmine per partire. Dove? Verso il 21 ottobre 2015. Ed è oggi.

Quando nel 1989 Ritorno al futuro parte seconda ( il primo atto è dell'85) arriva al cinema non pensavi che il tempo sarebbe andato così in fretta. Non ci pensi al 2015. È indefinito. È fuori portata. Sta già accadendo qualcosa di strano nella vita che stai vivendo. Si sentono a Est i rumori di un mondo che sta andando in pezzi, ma neppure questo ti spaventa. Ti hanno raccontato che il domani è aperto, che tutto è probabile e con troppo ottimismo sei pronto a giocarti il futuro a dadi. Dicono che la faccia di Michael J. Fox sia quella della tua generazione. Non ti sembra, ma soprattutto a vent'anni non ci pensi. Sui giornali si parla dell'Ungheria pronta a cambiare il suo destino. C'è la notizia del prossimo incontro tra Wojtyla e Gorbaciov e la Polonia ha i baffi di Lech Walesa. A Berlino, sotto la cortina della Ddr, stanno disperatamente cercando di fermare il tempo. Si contano le ultime vittime a un passo da Checkpoint Charlie. In Italia si balla la Lambada, il Pci è ancora comunista e da mesi Raf continua a cantare cosa resterà di questi anni Ottanta. Adesso lo sappiamo: un'ipotesi di futuro. Tra poco sarà novembre e la storia, diranno, magari sbagliando, si sta per fermare. Günter Schabowski, ministro della propaganda della Ddr, piuttosto confuso, recita: «Per accontentare i nostri alleati, è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco. Se sono stato informato correttamente quest'ordine diventa efficace immediatamente». È la parola d'ordine. Tutti scendono in strada e camminano verso Occidente. La sera del nove a Berlino cade il Muro. Non c'è più Est non c'è più Ovest. Il violoncello di Rostropovich fa da colonna sonora.

È strano. Nei giorni in cui si sta disintegrando il passato un film di cassetta, un sequel arrivato quattro anni dopo il primo successo, sta proiettando il nostro futuro remoto. E da domani quel futuro sarà già passato. Non solo questo ti fa chiaramente sentire vecchio, ma ti chiedi soprattutto che fine abbia fatto il futuro. La risposta è che la generazione X, quella di Marty, alias Michael J. Fox, lo ha vissuto, consumato, amato, aspettato, ridisegnato, tradito, probabilmente non giocato fino in fondo. Nessuna recriminazione. C'è a chi è andata peggio. A quelli che sono venuti dopo. Nel 1984 Eros Ramazzotti cantava a Sanremo Terra promessa: «Siamo ragazzi di oggi, zingari di professione, con i giorni davanti, e in mente un'illusione, noi siamo fatti così, guardiamo sempre al futuro, e così immaginiamo, un mondo meno duro». L'impressione è che dopo quel futuro sia diventato sempre più stretto, invisibile, senza troppe speranze e carico di angosce. Il guaio è che se il futuro non lo pensi, non lo immagini, allora non arriva. Magari è diverso, ma c'è. Magari è pure troppo e con troppe opzioni. Come quando Marty cerca di ordinare qualcosa nel bar retrò anni '80 e viene seppellito da infinite sfumature di caffè, cappuccino, bibite, beveroni, alternative e spazientito risponde: io vorrei semplicemente una Pepsi, grazie. O semplicemente il futuro che i ventenni stanno pensando oggi è solo molto meno scemo del nostro. C'è, ci sarà, ma è saggiamente disincantato.

Il 21 ottobre del 1989 l'Unità si preoccupa per l'ottusità dei presidi francesi. «Ma quale zanzara li ha punti?». L'occhiello parla di «guerra dello chador». Rispediscono a casa le allieve che si presentano in classe con il fazzoletto che copre capelli e collo. Scandaloso. I presidi sono accusati di «fondamentalismo laicista». Ecco, questo futuro Doc e Marty non lo avevano percepito e non solo loro. Si è insinuato fino a prendere tutto lo spazio. Tutti se ne sono accorti nel primo anno del primo millennio, ma ormai era troppo tardi. È lì che la storia ha preso una delle tante linee parallele possibili nella scopa del tempo.

E ha richiuso il muro del 1989. Solo che è un muro mobile e non divide il mondo in due ma balla sulle linee immaginarie dell'Occidente. Ultima cosa. Il 2019 è l'anno in cui si svolge Blade Runner . È l'ultimo. Servono nuovi futuri.

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