
Ruby Chen, suo figlio Itay è ancora nella mani di Hamas a Gaza dopo 23 mesi. Aveva 19 anni e prestava servizio nell'esercito quando è stato rapito il 7 ottobre. Che cosa rappresenta ogni giorno in più senza il suo rilascio?
"È come essere stati trasferiti in un universo parallelo dove il tempo, le persone e le interazioni sono cambiate. Trascorri tutto il giorno cercando di avvicinare il traguardo del rilascio del tuo caro e, dopo un'intera giornata di lavoro, ti chiedi: mi sono mosso di un centimetro? La risposta purtroppo non è affermativa. Ti svegli e ricominci di nuovo".
Lei e sua moglie eravate fra le 350mila persone che hanno manifestato martedì a Tel Aviv per la tregua e il ritorno degli ostaggi. Convincerete il governo Netanyahu a chiudere l'intesa?
"Voglio chiarire che non era una manifestazione contro nessuno, ma a favore del rilascio degli ostaggi, anche se questo significa un cessate il fuoco permanente. Quelle migliaia di persone dicono: non si tratta di politica, si tratta di non sacrificare 50 rapiti ancora a Gaza. E di ricordare che il tempo sta per scadere per chi è vivo e per chi è morto".
Eppure martedì il Gabinetto di Sicurezza israeliano pare non abbia affrontato la questione dell'accordo...
"È molto deludente che il governo pensi di poter aspettare. Le famiglie chiedono che discuta e risponda ai mediatori. Qui emerge la disconnessione fra la gente e chi ci governa. Gli israeliani in piazza hanno detto chiaramente cosa vogliono. Il governo dovrebbe agire in quella direzione. Questa è democrazia".
Cosa chiedete in particolare?
"Che si trovi prima una via per liberare gli ostaggi e dopo si pensi a smantellare Hamas. Credo che la gente in piazza sappia che Hamas non può restare. Serve creare anche pressione economica sul gruppo estremista, che continua a ricevere denaro anche da Stati Uniti, Europa e Italia. L'Ue deve fare di più".
Come potrebbero incidere di più l'Europa e l'Italia?
"Per esempio unendosi alle sanzioni statunitensi nei confronti delle entità che aiutano Hamas economicamente. Una delle organizzazioni sanzionate dagli Usa è in Italia (l'Associazione Benefica La Cupola d'Oro, nda). Ma in Ue c'è stallo e inazione".
Il governo Netanyahu è sempre convinto che la pressione militare su Hamas sia la strada. Quanto vi spaventa l'occupazione di Gaza City?
"Tutti siamo consapevoli che occupare la città di Gaza non prenderà settimane ma mesi e che è molto pericoloso per gli ostaggi e per i civili che vivono lì. Per prevenire questo scenario, Hamas deve accettare di rilasciare tutti i 50 ostaggi e deve abbandonare Gaza".
Sua moglie è tedesca, lei è americano. Ha più fiducia in Trump o Netayahu?
"Come cittadino americano, so che il presidente ha un obbligo nei miei confronti e in quelli di mio figlio e con l'inviato Usa, Steve Witkoff, che ho incontrato molte volte, mi hanno promesso che lo rispetteranno e Itay tornerà. È l'impegno del governo americano".
Netanyahu dice che con Trump non ci sarebbe stato il 7 ottobre. È d'accordo?
"L'affermazione è discutibile, la risposta va agli storici. Io so che il governo israeliano è responsabile del 7 ottobre. Aspettiamo che rimetta il proprio mandato e risponda delle sue politiche. Ma soprattutto che autorizzi un'inchiesta imparziale sulle cause del 7 ottobre, sul perché le nostre difese non hanno funzionato e la nostra gente è stata massacrata".
È vero che immagina una conferenza di pace alla Camp David?
"Credo che la gente semplice voglia solo vivere in pace. Siamo tutti figli di Dio. Sono i politici che a volte rendono la pace difficile. Hamas il 7 ottobre ha stuprato e massacrato le persone solo perché ebree e ha superato una linea rossa. Ma non c'è una competizione su chi soffre di più. Anche la gente a Gaza soffre, usata come scudo umano da Hamas. Tutto ciò deve finire.
Ecco perché spero nel coinvolgimento attivo della comunità internazionale, dell'Europa, dell'Italia e dei leder religiosi come il Papa. Come per l'elezione del Pontefice, si chiudano in una stanza e non ne escano finché non c'è una fumata bianca".