Massimo Malpica
Roma Un autopilota tradito dal colore di un tir, troppo simile al cielo sullo sfondo. E un cervello umano tradito, forse, dall'eccessiva fiducia nel cervello elettronico a cui aveva lasciato la guida dell'auto. L'incidente mortale dell'ex marine Joshua Brown sulla sua Tesla Model S in Florida è il primo a bordo di un'automobile in modalità di guida assistita. Una nuova tecnologia e la sua prima vittima a dimostrare che l'evoluzione dell'autopilotaggio sulle quattro ruote è ancora in corso. Ma in fondo la storia del progresso tecnologico è lastricata anche di vittime. E in qualsiasi campo, «prima che le cose vadano a regime e tutto fili liscio, è normale aspettarsi incidenti», spiega al Giornale Edoardo Boncinelli, fisico di formazione, genetista e biologo di fama internazionale, già Capo del Laboratorio di Biologia Molecolare dello Sviluppo presso il Dipartimento di Ricerca Biologica e Tecnologica dell'Istituto Scientifico San Raffaele di Milano.
Professore, ogni scoperta comporta rischi, dalla ruota all'aeroplano in molti hanno perso la vita nel nome del progresso. È inevitabile che l'avanzamento tecnologico abbia un costo in vite umane?
«Noi esseri viventi abbiamo avuto 4 miliardi di anni per regolarci e metterci a punto. Non è successo tutto da un giorno all'altro, e di questo va tenuto conto quando si paragona un prodotto dell'evoluzione biologica, come il cervello, con il prodotto di un'evoluzione culturale».
Come l'autopilota della Tesla, che di anni di test ne ha avuti meno.
«Certo. E se pensiamo anche solo teoricamente a quanti e quali cose deve considerare e fare il computer di bordo di quell'auto in ogni istante, direi che non ci dobbiamo affatto meravigliare se capita un incidente, ma semmai che siano stati, finora, così pochi».
Un solo incidente mortale in oltre 209 milioni di chilometri...
«Temo che ne sentiremo ancora, perché è la messa a punto del sistema la fase più delicata. Ma direi che è un problema transitorio, inevitabile nel percorso di perfezionamento di una tecnologia di assistenza alla guida. A me viene il capogiro solo pensando a quanti variabili deve calcolare l'autopilota di un veicolo...».
Lei lo farebbe un viaggio su un'automobile che guida da sola, lasciando il volante a un computer?
«Onestamente? Per ora no. Sono per il progresso, senza alcun dubbio. Ma, come dice la parola, sono per il progresso progressivamente».
È una congettura, ma forse la vittima potrebbe essersi fidato troppo della tecnologia, non prestando a causa dell'autopilota la stessa attenzione alla strada di chi guida un'auto tradizionale.
«È una possibilità. D'altra parte, quando si tratta dell'essere umano, siamo di fronte all'oggetto più imprevedibile dell'universo».
Secondo lei vale la pena insistere sui sistemi di guida assistita?
«Sì, sì, sì. Gli inizi sono sempre duri, gli incidenti capitano. Arriveranno anche problemi diversi, come i dilemmi sulla colpevolezza in caso di incidenti, anche se non fatali».
Pensa a un futuro in cui le assicurazioni se la prenderanno con il computer e non con il guidatore in caso di tamponamento?
«Il computer non ha colpa, semmai ce l'ha il programmatore del software o dell'hardware.
Quello che dovremmo augurarci, però, è che per fare funzionare meglio questa tecnologia cambino anche strade e traffico. Prenderemmo così due piccioni con una fava: l'auto che si autoguida, e un ambiente più sicuro e gradevole».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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