Ridurre la "paura della firma" degli amministratori pubblici: è questo l'obiettivo dichiarato e politicamente rivendicato della riforma della Corte dei Conti voluta dal Governo. Una riforma che da ieri è legge, dopo il via libera definitivo del Senato con 93 voti favorevoli, 51 contrari e cinque astenuti. Un obiettivo peraltro trasversale, condiviso dal cosiddetto "partito dei sindaci", anche se a livello nazionale il Pd critica la riforma. Il provvedimento interviene su un fattore determinante della paralisi decisionale della pubblica amministrazione italiana negli ultimi anni: il timore diffuso da parte di sindaci e amministratori, firmando atti, di incorrere in procedimenti per danno erariale anche in presenza di scelte adottate in buona fede.
Così la riforma interviene proprio sul rapporto tra controllo e responsabilità amministrativa, spostando l'asse dal giudizio punitivo ex post con relativa spada di Damocle del risarcimento - a una funzione preventiva e collaborativa della Corte. Che vede espanso l'ambito del controllo preventivo, in modo da accompagnare ed eventualmente correggere le decisioni senza bloccarle, liberando gli amministratori dall'ansia di sottoscrivere un atto già "vistato" dal parere della magistratura contabile e che dunque permette di escludere la gravità della colpa. Contenendo, peraltro, anche il danno erariale di cui l'amministratore dovesse rispondere al 30 per cento di quanto accertato, e comunque entro il limite di due annualità di stipendio.
"È una svolta politica chiara e coraggiosa: favorire l'assunzione di provvedimenti legittimi in tempi rapidi nella pubblica amministrazione, liberando l'Italia da una burocrazia paralizzante", spiega il primo firmatario del provvedimento Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione. "È una riforma che apre una breccia contro la paura della firma che ha condizionato troppi amministratori e funzionari pubblici nell'esercizio delle loro funzioni. Il principio è semplice e giusto: lo Stato deve vigilare, non paralizzare".
Ma la riforma non piace a tutti. L'associazione magistrati della Corte dei Conti parla di "pagina buia" che segna "un passo indietro nella tutela dei bilanci pubblici" e indebolisce "il principio di responsabilità nella gestione del denaro dei cittadini". L'M5s parla di impunità per "gli uomini di potere", anche se fu proprio Giuseppe Conte che sotto Covid introdusse lo scudo erariale che escludeva la colpa grave per i pubblici amministratori. Il Pd parla di "vendetta" dopo il no della Corte al visto di legittimità per il Ponte sullo Stretto. Un punto sul quale replica Alfredo Mantovano. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ricorda che "l'iter di questa riforma parte all'incirca due anni fa" e dunque parlare di vendetta è, "per usare un eufemismo, una forzatura".
Quanto alle critiche della Corte, Mantovano ricorda che tra i magistrati contabili "più d'uno ha manifestato favore nei confronti della riforma", modificata proprio grazie alla "costante interlocuzione" con i suoi rappresentanti.