La Turchia di Erdogan finisce per dare un grosso aiuto indiretto a Geert Wilders, il Trump dei Paesi Bassi, anti-europeista convinto oltreché nemico giurato dell'Islam. Grazie all'«effetto-Istanbul», il leader del Partito per la libertà parte favorito alle elezioni politiche di domani in Olanda. Cavalcando l'onda delle proteste, ad Amsterdam c'è anche il rischio di vedere presto una nuova Brexit, che potremmo chiamare Olexit, con la concreta possibilità di un'uscita dall'Europa anche della terra dei tulipani dopo il ritiro britannico deciso al referendum del giugno scorso. Certo, l'Olanda non ha l'importanza strategica della perfida Albione e i tempi di un suo eventuale divorzio sarebbero, comunque, lunghi, ma l'ulteriore campanello d'allarme finirebbe davvero per avere effetti sconvolgenti e potrebbe poi propagarsi a tutto il Continente. Una specie di terremoto che sta chiamando in causa il terzetto dei grandi euroscettici: a stretto giro di posta, ci sarà il voto francese che vedrà in prima linea la battagliera Marine Le Pen mentre Matteo Salvini è più che mai in trincea dopo gli incidenti di Napoli. Anche nei Paesi Bassi la situazione si sta rovesciando: se nei sondaggi di qualche giorno fa i conservatori liberali del primo ministro Rutte sembravano aver recuperato, oggi Wilders, che è sulla breccia da oltre 10 anni, appare più che mai favorito ed è un segnale molto importante considerando che i Paesi Bassi hanno sempre fatto da battistrada in molte rivoluzioni europee. Domani sera, il Pvv potrebbe addirittura diventare il partito più gettonato anche se molto difficilmente il suo leader potrà essere nominato premier dalla regina perché nessuno, almeno a parole, intende far parte della sua coalizione. La situazione si fa sempre più incandescente eppure, nonostante il braccio di ferro con Erdogan, i soci del club europeo continuano a guardare alle elezioni di domani con una certa indifferenza. Come spiegarla? Credo che, in tutto ciò, ci sia un certo fatalismo dei mass media, quasi una specie di rassegnazione, salvo, poi, aprire gli occhi quando i buoi sono già scappati dalla stalla come accadde in Gran Bretagna nel 2016. Un fenomeno generalizzato in Europa ma anche nel resto del mondo: basta guardare alle elezioni presidenziali Usa con la vittoria a sorpresa di Trump sulla Clinton, favorita fino all'ultimo. Secondo alcuni giornali liberal, proprio l'effetto-Trump, con le ultime, discusse, scelte della Casa Bianca in tema di politica estera e di immigrazione, avrebbe, semmai, dovuto frenare l'ascesa di Wilders. Ma, dopo le ultime vicende, la tesi non appare troppo condivisibile, così come non sono molto d'accordo sull'ottimismo dimostrato, nelle sue ultime dichiarazioni, dal presidente della Bce, Mario Draghi, che tende a smussare gli angoli della crociata anti-europea. Con una ripresa economica che continua a essere stentata a dispetto di qualche segnale incoraggiante sul fronte dell'occupazione, la vittoria di Wilders in Olanda potrebbe provocare ulteriori riflessi negativi, almeno nell'immediato, sul futuro di quest'Europa: mai come oggi, a 60 anni esatti dal Trattato di Roma, la costruzione comunitaria verrebbe messa in discussione.
Ed è quasi paradossale il fatto che il capo degli euroscettici olandesi sia nato nel Limburg, la regione più a Sud dei Paesi Bassi, ma, soprattutto, la regione di Maastricht dove, nel 1992, furono gettate le basi per il varo dell'euro. Quando si dice: gli strani scherzi del destino.
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