Oman, Trump: "C'è la firma dell'Iran"

Video americano accusa Teheran. Ma gli ayatollah: «Non hanno prove. Sabotatori»

Oman, Trump: "C'è la firma dell'Iran"

Beirut Un video americano accusa l'Iran dell'attacco alle due petroliere nel Golfo di Oman, vicino allo stretto di Hormuz, punto strategico che collega il Golfo Persico ai mercati di tutto il mondo. Le imbarcazioni trasportavano greggio verso l'Asia. Nel video si vede un pattugliatore dei Pasdaran che rimuove una mina inesplosa dalla nave giapponese, nel tentativo, pare, di occultare la prova della mano iraniana. Per Washington è decisiva anche se i membri dell'equipaggio nipponico affermano che la nave era stata colpita da un «oggetto volante» e non da una mina.

Ma per il presidente americano Donald Trump non ci sono dubbi. «L'Iran è responsabile dell'attacco alle petroliere», ha tuonato durante un'intervista a Fox News. L'attentato «ha la parola Iran scritta ovunque» e le immagini mostrano che l'Iran «lo ha fatto di sicuro e non voleva lasciarsi prove dietro». Dello stesso tenore le conclusioni del segretario di Stato americano Mike Pompeo: le esplosioni sono state «un palese assalto alla libertà di navigazione e un'inaccettabile campagna di crescenti tensioni dell'Iran». Ma la missione iraniana all'Onu ha respinto le accuse degli Stati Uniti definendole «infondate» e «iranofobiche».

Il ministro degli Esteri Javad Zarif ha ribattuto a Washington, colpevole di fare asserzioni «senza uno straccio di prove fattuali o circostanziali», con l'intento «di sabotare la diplomazia». Ha poi sostenuto che l'incidente era «sospetto», perché è avvenuto quando l'ayatollah Khamenei incontrava il presidente giapponese Shinzo Abe. Sono arrivate anche le parole del presidente iraniano Hassan Rouhani. Dal vertice sulla sicurezza in Kirghizistan con Cina e Russia ha commentato: «Il governo americano si è trasformato in una seria minaccia per la stabilità della regione e del mondo negli ultimi due anni.

Le esplosioni arrivano in seguito a un lungo periodo di tensione nell'area tra Usa e Iran. L'anno scorso l'amministrazione Trump è uscita dall'accordo nucleare del 2015 e ha imposto nuove sanzioni. Il 12 maggio sono state sabotate quattro petroliere nel Golfo di Oman, mercoledì i ribelli huti alleati dell'Iran hanno lanciato un missile sull'aeroporto di Abha nel Sud dell'Arabia Saudita e il 15 maggio un loro drone ha colpito un oleodotto saudita. Un'escalation tanto più pericolosa, puntualizza Ely Karmon, ricercatore senior presso l'Istituto internazionale per l'antiterrorismo, perché «alla retorica americana non è seguita un'azione reale. Cosa stanno aspettando, l'affondamento delle loro navi militari, come i Pasdaran stanno già minacciando?».

Karmon fa anche notare che «l'attacco è avvenuto il giorno dell'incontro tra Abe e Khamenei. Un anno fa lo stesso schema: durante la visita di Rouhani in Francia era stato sventato l'attacco a una manifestazione di un gruppo di opposizione iraniano vicino a Parigi».

Ali Alfoneh, analista dell'Arab Gulf States Institute a Washington non è meno perentorio: «Teheran sta portando avanti una strategia rischiosa e potrebbe finire per provocare una guerra con gli Usa che non può permettersi».

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