Open, ecco come funzionava la "cassaforte" dei renziani

La Fondazione Open ha raccolto parecchie donazioni tra il 2012 e il 2017. Poi quel "buco" su cui indagano i pm

Open, ecco come funzionava la "cassaforte" dei renziani

La fondazione Open è sempre più nel mirino. Il contenitore dei fondi renziani di fatto è finito sotto la lente della Gdf che, come riportato da Adnkronos, ha dato vita ad una serie di perquisizioni in tutta Italia. La Fondazione nel giro di 5 anni, ovvero dal 2012 al 2017, ha raccolto circa 6,7 milioni di euro. Il tutto grazie alle donazioni di privati che, come ricorda ilCorriere, hanno voluto dare una mano all'attività politica di Matteo Renzi che nello spazio di pochi anni ha fatto il grande salto da Palazzo Vecchio a Palazzo Chigi. La Fondazione in un primo momento era nata come "Big Bang" citando uno degli slogan della Leopolda, la kermesse renziana di Firenze. La Fondazione era guidata da Alberto Bianchi uno dei più importanti legali esperti in diritto amministrativo in Italia. La fondazione verrà poi registrata con il nome Open alla prefettura di Pistoia. Ma come funzionava la cassaforte renziana? In soli 5 anni sono arrivate parecchie donazioni da parte di imprenditori o simpatizzanti renziani che preferivano accreditare le somme presso la Open che direttamente nelle casse del Pd. Nel consiglio di amministrazione erano presenti Bianchi, la Boschi, Lotti e Carrai. Tutti fedelissimi di Renzi. In questi sei anni di scalata al potere, ovvero la salita da Firenze a palazzo Chigi, certamente si è appoggiata alla cospicue donazioni che sono arrivate nella "cassaforte" di Open.

Le maxi donazioni

Tra le maxi donazioni si ricordano quelle del finanziere Davide Serra, quella della British american tobacco e quella dell'armatore Vincenzo Onorato. Poi la chiusura dei rubinetti. Con la caduta di Renzi dopo il referendum costituzionale nel 29017 lo stesso Bianchi consigliò la chiusura del "forziere". Ma a quanto pare, sempre come riporta il Corriere, dietro la cassaforte c'era un buco di bilancio da ripianare. Ed è su questo punto che si sono concentrate le indagini mandate avanti dai magistrati di Firenze.


I finanziatori "anonimi"

Dietro le quinte di Open però resta una grande fetta di donatori "anonimi". Infatti il 40 per cento di coloro che hanno aperto il portafoglio per finanziare la Fondazione non ha dato l'assenso per rivelare la propria identità. Eppure lo stesso Bianchi rassicurava sulla trasparenza della stessa Fondazione: "Siamo la fondazione italiana più trasparente in assoluto.

Lo certifica anche Openpolis che ha analizzato almeno 60 istituzioni come la nostra". Adesso bisogna capire cosa emergerà dalle perquisizioni di questa mattina. I magistrati a quanto pare sono intenzionati ad andare sino in fondo a quel buco di Open e a quella corsa per ripianarlo...

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