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"Per Open indagato pure Renzi": il Giglio magico finisce nei guai

Avvisi di garanzia all'ex premier, alla Boschi e a Lotti: sono nel mirino per i finanziamenti della fondazione Open alla Leopolda

"Per Open indagato pure Renzi": il Giglio magico finisce nei guai

L'intero Giglio magico finisce nei guai per la vicenda della fondazione Open, che già aveva portato nel mirino dei pm gli amministratori Alberto Bianchi e il manager Marco Carrai.

Come anticipato da La Verità e confermato da alcuni legali, infatti, pare che per i flussi di denaro (circa 7,2 milioni di euro) della fondazione - che fungeva anche da sostegno alle iniziative politiche renziane, tra le quali la Leopolda - siano arrivati avvisi di garanzia anche a Matteo Renzi (per il suo ruoilo di segretario nazionale del Pd e senatore), Maria Elena Boschi (ora capogruppo alla Camera di Italia Viva) e Luca Lotti (deputato Pd). Tutti sarebbero accusati di traffico di influenze e di finanziamenti illecito ai partiti

Già l'anno scorso si erano accesi i riflettori su Alberto Bianchi, avvocato e presidente della fondazione fino al suo scioglimento, e su una trentina di imprenditori che tra il 2012 e il 2018 avevano donato alla fondazione circa 7.2 milioni di euro. Soldi che il 24 novembre porteranno l'ex premier e i suoi fedelissimi davanti ai magistrati "per rispondere ad interrogatorio con l'assistenza del difensore di fiducia già nominato". Le somme raccolte - secondo gli inquirenti che hanno inviato l'invito a comparire - sarebbero state "dirette a sostenere l'attività politica di Renzi, Boschi e Lotti e della corrente renziana". Bianchi, Carrai, Lotti e Boschi erano infatti tutti membri del consiglio direttivo di Open, che avrebbe ricevuto "in violazione della normativa citata i contributi di denaro". Si parla di circa 670mila euro nel 2012, 700mila nel 2013, 1,1 milioni nel 2014, 450mila nel 2015, 2,1 milioni nel 2016, un milione nel 2017 e 1,1 milioni nel 2018.

Recentemente la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dai legali di Marco Carrai e di altri imprenditori contro il sequestro di documenti e pc, motivando con il fatto che non è provato che la fondazione Open fosse un'articolazione di partito, come invece sostenuto dalla procura fiorentina. Da Italia Viva trapela quindi "sorpresa e incredulità" dal momento che "la sentenza della Corte di Cassazione aveva smentito con nettezza l’operato dei pm proprio su questa inchiesta". Le stesse fonti sostengono che Renzi interverrà nel pomeriggio all’assemblea del partito, ma "intende evitare polemiche politiche con i magistrati e affiderà la discussione nel merito del provvedimento agli avvocati".

La fondazione Open (inizialmente denominata "Big Bang") era nata nel 2012 come 'cassaforte' per sostenere le iniziative politiche come la Leopolda e le altre campagne renziane. Sul proprio sito apparivano anche i nomi dei finanziatori che avevano voluto render pubblica la propria donazione, ma nel settembre 2019 i magistrati sequestrarono l'elenco di chi non era voluto comparire. Secondo la procura di Firenze la fondazione avrebbe "agito come una 'articolazione' di un partito politico, destinando i soldi raccolti all'attività politica dei renziani".

Le accuse di finanziamento illecito ai partiti mosse dalla procura di Firenze si riferiscono al periodo in cui Renzi è stato segretario del Pd e senatore dal marzo 2018, mentre Boschi e Lotti sedevano in Parlamento sempre nelle file del Pd.

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