
L'omicidio stradale della donna travolta da un'auto rubata, con a bordo minorenni non imputabili per la loro giovane età, è l'ultimo di una serie di episodi che esige un deciso cambio di passo della legge penale. La risposta alla constatata capacità criminale - cioè la commissione di gravi reati contro la persona (e il patrimonio) - da parte di soggetti infra-quattordicenni rende necessario abbassare l'età della responsabilità penale quantomeno a dodici anni. La soluzione allineerebbe l'Italia agli ordinamenti di Paesi evoluti, quali il Canada, l'Olanda e l'Irlanda. Si aggiunga che in Inghilterra si può finire davanti al giudice all'età di dieci anni, in Scozia a otto. Sul piano culturale, per talune teorie criminologiche appare non più dilazionabile l'abbassamento del limite dell'età ai fini dell'imputabilità di soggetti minori.
Questa scelta di politica criminale adeguerebbe la legislazione minorile alla realtà dei fatti. Importante sottolineare che l'utilizzo degli infra-quattordicenni per compiere reati è fenomeno radicato non solo nelle aree urbane e suburbane del meridione ma anche in molte grandi città del nord. Nel milanese, si pensi alle isole extralegali dei campi rom (riportate alla ribalta dal recente fatto di cronaca), nonché alla partecipazione attiva di infra-quattordicenni ai furti compiuti con destrezza nelle stazioni e nei luoghi affollati.
È imprescindibile quindi una risposta di carattere generale al fenomeno, risposta che, in termini legislativi, non può che poggiare sull'abbassamento della soglia dell'imputabilità a dodici anni. Ciò vale anche per il contrasto delle "baby gang"; un obiettivo che potrebbe essere perseguito - altresì - tramite il divieto di applicazione della diminuzione della pena nei confronti dei minori resisi responsabili di reati riconducibili alla criminalità organizzata.
La proposta di abbassare la soglia della imputabilità dei minori è peraltro una novità relativa: in passato la Lega e altre forze politiche si fecero promotrici di iniziative in tal senso. In sintesi, essa sarebbe coerente con plurime istanze provenienti dal mondo della giustizia penale, conforme alle scelte di altri Paesi occidentali, rispettosa della necessità di un intervento riformatore della giustizia penale minorile.
Un tentativo di ripristino della legalità come quello fin qui descritto muove dal presupposto che la reazione dello Stato debba essere adeguata e aggiornata all'evoluzione degli eventi criminosi. E una strategia di siffatto genere non può tollerare, nella propria cornice, l'esistenza di enclave, di territori completamente chiusi e refrattari al rispetto della legge, quali sono i campi rom.
La scelta amministrativa corretta - che non postula interventi legislativi - sarebbe quella di sgomberarli e chiuderli. Le opzioni tratteggiate in queste righe sono tutte coltivabili. Trattasi "solo" di volontà politica.*Ordinario di procedura penale - Università di Brescia