Dopo le tensioni tra i cittadini e il centinaio di migranti ospiti del centro di accoglienza alla periferia di Pesaro, è arrivata finalmente una circolare in cui il prefetto chiede a questura, carabinieri e finanza, di disporre «specifici servizi di vigilanza e controllo». E «l'impegno di tutte le forze di polizia per prevenire e reprimere con rigore qualunque condotta del tipo sopra segnalato».
La macchina della sicurezza, insomma, deve mettersi in moto. Solo che nel mirino, ci sono gli stessi pesaresi. Colpevoli, secondo il prefetto Luigi Pizzi, di fotografare gli stranieri e di chiedere loro informazioni come generalità e provenienza, compito che spetta invece solo agli ufficiali di polizia. L'accusa è di contribuire così ad alimentare l'insofferenza. Tanto da richiedere un provvedimento che agli occhi degli abitanti di Borgo Santa Maria e di Pozzo Alto, alle porte della città, suona come una beffa.
Solo pochi giorni fa in delegazione erano stati ricevuti dallo stesso prefetto a cui avevano strappato la promessa di una riduzione della presenza degli stranieri sul territorio. Ben più urgente, invece, è apparso al rappresentante del Viminale vietare le fotografie, dopo che nei giorni scorsi lo scatto di uno straniero era stato diffuso su Facebook come denuncia della situazione di degrado che vivono i cittadini nel quartiere. D'ora in poi giù i telefonini, dunque. E niente domande ai migranti. Sia le foto che la richiesta di informazioni «oltre a violare la vigente norma sulla tutela della privacy, possono portare a reati quali l'esercito abusivo di pubbliche funzioni», avverte il prefetto. Che adotta il pugno di ferro contro «i residenti che, privi di qualsiasi legittimazione, si permettono di interpellare i soggetti fotografati chiedendo generalità e provenienza», si legge nel documento. Episodi che possono «ingenerare pericoli per la sicurezza pubblica» e costituiscono «palesi occasioni di possibili scontri verbali e anche fisici tra residenti e i migranti dei centri di accoglienza», recita la circolare che doveva rimanere riservata e che invece ieri è finita sulla stampa, scatenando la bufera politica.
Loro, gli abitanti nel mirino della prefettura, non ci stanno a essere additati come incendiari e in una nota ufficiale si dicono «delusi. Qui - scrivono - non vogliamo creare allarmismo, ma segnalare un disagio sentito da tutta la comunità del quartiere. La problematica dei migranti è reale, vogliamo creare un dialogo costruttivo con le istituzioni per risolverla». Insorge la Lega: «Fare foto ai profughi è vietato. Anche mettere 110 immigrati in un quartiere dovrebbe essere vietato». Mentre Fratelli d'Italia ricorda che la collaborazione tra forze dell'ordine e cittadini si basa anche sul passaggio di informazioni su volti e persone sospette, il sindacato di polizia Siulp chiarisce che «l'importante è che i cittadini segnalino nel rispetto della legge. La nostra priorità è la caccia ai criminali, non ai cittadini che fanno foto. Dove troviamo gli uomini, risicati come siamo, con una volante sola per notte sul territorio?».
Ma sul territorio, appunto, l'atmosfera si era già surriscaldata all'indomani degli stupri di quest'estate a Rimini, tanto che per spegnere le polemiche sull'eccessiva presenza di richiedenti asilo il prefetto Pizzi aveva annunciato la progressiva riduzione dei migranti e la chiusura di uno dei centri di accoglienza: «L'auspicio - aveva detto - è che si attenui il clima di allarme e di serpeggiante intolleranza che si sta pericolosamente determinando a Pesaro che certamente
non favorisce l'attuazione di equilibrate e razionali iniziative di rafforzamento dell'attività di prevenzione, oltre che ingenerare un ingiustificato stato di apprensione tra i cittadini». Ma prima di tutto, niente foto.
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