Coronavirus

È ora di aprire in sicurezza ma in fretta

Riaprire tutto, in sicurezza, ma nel più breve tempo possibile. Era questo l'imperativo del governo per l'autunno post campagna vaccinale

È ora di aprire in sicurezza ma in fretta

Riaprire tutto, in sicurezza, ma nel più breve tempo possibile. Era questo l'imperativo del governo per l'autunno post campagna vaccinale. Imperativo che, per il mondo dello spettacolo, è stato applicato in maniera confusa in molti casi e, in altri, completamente disatteso. Prendiamo l'esempio dei cinema e dei teatri per i quali si prevede che il governo stabilisca una capienza tra il 75 e l'80 per cento. Qualcosa in più rispetto a prima, ma non abbastanza per un settore martoriato dalle chiusure. Una decisione che scontenta gli operatori del settore che, legittimamente, si chiedono: perché sui treni, nei mezzi pubblici e negli aerei si possono occupare tutti i posti mentre nei cinema no? Forse il covid è ignorante e non ha interesse per il teatro e per la settima arte? La risposta purtroppo è che nel governo c'è ancora troppa confusione sul tema delle riaperture. Il caso più eclatante riguarda le discoteche (evidentemente molto amate dal virus): chiuse ormai da un anno e per le quali, al momento, non è prevista alcuna ripartenza. Fine lockdown mai. Un indecisionismo che sta diventando la condanna a morte di un intero comparto economico.

«Le discoteche non sono fondamentali», dice una certa parte dell'opinione pubblica che guarda sempre con gli occhiali del moralismo l'industria del divertimento. Certo, rispondiamo noi, non sono fondamentali per chi non ci lavora, per chi non ci mangia. Sono tutti bravi a fare i chiusuristi con il lavoro degli altri. Eppure, con il green pass e una capienza dosata, le discoteche potrebbero tranquillamente riaprire: non servono scienziati e comitati tecnico scientifici per capirlo.

Il danno non è per il vituperato popolo della notte, ma per tutta l'economia. Giusto per intenderci: parliamo di un settore che riguarda circa 2500 imprese, per un giro d'affari da quattro miliardi di euro e che offre un impiego a oltre 50mila persone. Situazione che risulta ancor più intollerabile in un Paese che tollera un rave illegale di sei giorni, ma impedisce agli imprenditori di riaprire le loro piste da ballo, decretandone l'inevitabile fallimento.

Perché dal covid ci si difende con il vaccino, ma l'unico modo per difendersi dalla fame è il lavoro.

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