«La Guerra di Troia non si farà» fu il fortunato titolo della pièce teatrale di Jean Giraudoux. Ma quella guerra si fece. Lo storico Tucidide enunciò la legge che porta il suo nome: «Una guerra scoppia quando se ne parla troppo». Quando i tedeschi invasero la Polonia il primo settembre del 1939 precedendo quelle sovietiche di due settimane, nessuno disse: è scoppiata la Seconda guerra mondiale, ma si parlò della funny war, la strana guerra, la drôle de guerre perché Francia e Gran Bretagna avevano dichiarato guerra alla Germania ma non succedeva niente.
Oggi disponiamo di una classificazione tecnica su che cosa si intenda per guerra possibile, probabile e certa. Oggi siamo al livello di guerra possibile. La Russia non ha soltanto schierato circa 130mila uomini con armamenti modernissimi e corazzati, ma ieri ha anche completato le linee di rifornimento per sostituire e rifornire uomini, macchine, carburante, munizioni, cibo, sanità. L'invasione è ora possibile al semplice comando di Vladimir Putin. E qui siamo al punto: darà o non darà Putin quell'ordine? Putin sta per ora usando la diplomazia sostenuta da pressione militare. Lui stesso lo ha spiegato ogni giorno sul canale YouTube a lui dedicato. Il presidente russo parla a braccio e con tono confidenziale, ma da dieci giorni ha cambiato registro. Dice di non volere la guerra ma anche di non temerla: «Se ci bombarderanno con armi nucleari, che potremo fare? Andremo in paradiso».
Sabato ha usato una espressione inconsueta: «Gli anglosassoni hanno bisogno di una guerra». Il Cremlino ha un conto aperto con l'Inghilterra che spesso chiama «l'isola». Venerdì il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha pubblicamente deriso il presidente ucraino dicendogli: «Ma che fai, Volodimir (Zelensky)? Sei stato membro della gioventù comunista e adesso fai l'occidentale e ti metti a suonare il pianoforte?». Lo stesso Putin ha detto: «A Zelensky offriamo asilo politico. Non abbiamo nulla contro di lui, ma se provoca una guerra avrà bisogno di essere protetto». Il comando supremo russo ha fatto rientrare la flotta dall'Atlantico e l'ha portata a tiro della costa ucraina. Che cosa vorrebbe ottenere Putin? Dice di considerare un casus belli il fatto che Kiev abbia chiesto di entrare nella Nato, perché ne seguirebbe il tentativo di riconquista della Crimea, provocando l'intervento della Nato a norma dell'art. 5 dell'Alleanza che piazzerebbe i suoi missili a 300 chilometri da Mosca. Dunque, «se Washington e la Nato vogliono evitare una guerra, devono non soltanto sparire dall'Ucraina, ma anche dalla Polonia, Ungheria e Romania e repubbliche baltiche», perché Mosca considera tutti i territori appartenuti alla Russia, dai tempi di Pietro il Grande, come propria zona di influenza: il più grande Paese del mondo teme sempre di essere invaso, come già accaduto con Napoleone e Hitler.
Dall'altra parte, a Washington, siede un presidente debole e minaccioso come Joe Biden, che manda truppe simboliche in Europa che irritano sempre più il Cremlino e una portaerei nell'Adriatico in grado di colpire le truppe russe in caso di invasione dell'Ucraina. Anche la sua vice Kamala Harris ha fatto ieri una dichiarazione bellicosa e in conclusione, mentre la diplomazia lavora convulsamente, l'Europa resta impiccata alla canna del gas russo.
Il tempo è poco e quando arriva il momento dei duri, i duri sono già scesi in campo sotto i nostri occhi: la guerra per ora è classificata come «possibile» e non «probabile». E speriamo che nessuno commetta passi falsi. Ma occhio a Tucidide e alla sua legge: la quantità delle parole aggressive usate ha già superato il livello di guardia.
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