Roma - Non c'è pace nel Pd, dove un'accusa al veleno di Andrea Orlando, che parla di «nepotismo e clientelismo» nella gestione delle liste da parte di Matteo Renzi, fa scoppiare lo scontro con i renziani. Dalle cui fila parte una raffica di repliche indignate: «Che un ministro della Giustizia in carica usi questi termini riferendosi al suo partito è qualcosa di gravissimo e senza precedenti. Orlando si scusi», dice Anna Ascani.
«La violenza delle parole e dei toni contro Matteo Renzi sorprende e lascia esterrefatti», attacca Michele Anzaldi, secondo il quale lo stato maggiore finora al fianco di Renzi ora lo usa come «capro espiatorio» per una «analisi autoconsolatoria» nella quale le colpe sono tutte del leader: «Ma loro non erano al fianco di Renzi al partito, al governo e in Parlamento?».
A fare imbestialire i renziani è il fatto che il ministro Orlando abbia pronunciato quelle parole durante un'iniziativa promossa dalla corrente di sinistra di Gianni Cuperlo alla quale però partecipavano anche il reggente Maurizio Martina, il ministro Carlo Calenda, il capogruppo uscente Luigi Zanda: tutti gli esponenti di quel corpaccione Dem che dovrebbe pilotare il partito fuori dal renzismo senza eccessivi strappi. Ma che non ha reagito, ieri, davanti all'attacco frontale contro l'ex segretario.
A mettere in allarme le truppe ancora fedeli a Renzi, però, è anche il coro di «no all'Aventino» che da quella sede, e con in testa proprio Martina, è partito. Il «pericolo», spiega il reggente Pd, è un eventuale governo Lega-Cinque Stelle. Quindi: «guai a stare sull'Aventino», il Pd «non si tirerà fuori dal confronto e non starà ad aspettare che siano gli altri a fare le loro mosse: contrattaccheremo, proporremo, non staremo a guardare». Il renziano Dario Parrini ricorda però che la posizione presa «all'unanimità» in direzione «non lascia dubbi sulla nostra collocazione all'opposizione», e invita il Pd ad «uscire dall'ossessione di dover dire cosa farà nelle prossime 48 ore». Di trattative reali sul governo si parlerà tra settimane, dunque perché mettere già le mani avanti mentre tutti gli altri stanno fermi?, si chiedono dalle parti di Renzi. Certo, se si arrivasse ad un appello alla «responsabilità» di tutti i partiti, «ma proprio tutte, nessuno escluso», si precisa, il Pd dovrà porsi il problema.
Ma fino ad allora che senso ha offrirsi preventivamente? Il sospetto, mai sopito, è che una parte crescente dei Dem, pur di evitare un voto anticipato, sia pronto ad «immolarsi» a sostegno di un governo purchessia, magari cercando, insieme alle anime perse di Leu che già lo predicano (e con cui Martina vuol «ricucire» i rapporti), un accordo con i grillini. Sarà forse anche per questo che, negli incontri e abboccamenti interni ed esterni al Pd, ad affiancare Martina c'è sempre anche Lorenzo Guerini, renziano «pontiere» in predicato per diventare capogruppo alla Camera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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