Il 2016 si è chiuso in Italia con una deflazione netta annua di 0,1%. Un risultato che indica che la politica del governo Renzi, basata su deficit e debiti, è fallita, sia sul lato della domanda, su cui ha soprattutto insistito con i vari bonus, sia sul lato dell'offerta, in cui ha messo in campo la riforma del mercato del lavoro, basato su contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, sovvenzionati con la riduzione dei contributi sociali. Il confronto con il 1959, l'unico anno dal secondo dopoguerra in cui i prezzi al consumo diminuirono, è impietoso ed indica che è necessario un cambio di passo nella politica fiscale, in quella del lavoro, delle banche e con l'estero (sanzioni alla Russia, immigrazione senza regole ecc.). Nel '59 la deflazione dello 0,4 derivò dalla grande crescita del Pil in termini reali, oltre il 6,5%, mentre il deficit di bilancio fu solo l'1%. La riduzione dei prezzi dipese dal grande aumento della produttività, che insieme all'aumento del prodotto globale, portò più profitti, salari reali, occupazione: il benessere per tutti, dovuto alle riforme di Einaudi e di Vanoni, in regime di mercato. La produttività nel triennio di Renzi si è invece ridotta dello 1,5% circa: la deflazione del 2016 indica che le imprese hanno dovuto ridurre i prezzi, tagliando gli utili, e che una parte ha dovuto chiudere i battenti perché i profitti sono diventati negativi. Il nostro sistema economico entra nel 2017 con ferite, che possono rallentare la crescita, già bassa, se, appunto, non si attua il cambio di passo. Il fatto che nel 2016 il deficit sia attorno al 2,6% mentre il Pil è cresciuto solo dello 0,9% mostra che esso non è servito a spingere l'economia in misura proporzionata al suo importo: soldi sprecati, pur in presenza di una politica della Bce estremamente espansiva. A causa del ritardo con cui si è affrontato il problema delle sofferenze bancarie, il credito a buon mercato non è arrivato all'economia nella misura desiderata. Anche cambiando passo non sarà facile uscire dal pantano, ovvero jam in cui Renzi ci ha cacciato.
Ma almeno si dia libertà e meno fisco ai contratti aziendali in deroga ai nazionali, orientati alla produttività e più libertà di contratto, con bassa fiscalità per giovani, anziani, pensionati, disoccupati, se non si ha il coraggio di far rivivere la legge Biagi. Per la quale - e per il centro destra, pur con i suoi errori e lacune - vale il detto, «si stava meglio quando si stava peggio».
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