Roma - Adesso c'è uno spiraglio, dicono a via Arenula, c'è «una piccola apertura» nella quale infilarsi per riuscire ad assicurare, presto, Cesare Battisti alle patrie galere. E c'è un documento, che sta per partire per il Brasile, nel quale si spiega come ormai, tra buona condotta, premi vari e misure alternative, da noi l'ergastolo in realtà non lo sconti più nessuno. I brasiliani sono pronti a consegnarci il terrorista, ma vogliono la garanzia scritta che non passerà in carcere più dei trent'anni previsti al massimo dalla loro legislazione. E la nota italiana basterà, pare, a convincerli.
La trattativa tra i due Paesi è a un punto di svolta e l'arresto del terrorista alla frontiera con la Bolivia viene vista a Roma come un'opportunità da prendere al volo. Ma perché la breccia giuridico-diplomatica non si chiuda, avverte chi sta curando il dossier, non bisogna fare passi falsi. Non è il momento di battere i pugni o alzare la voce. Occorre lavorare di fino.
Siamo ai dettagli? Andrea Orlando fa trapelare un «cauto ottimismo» sull'estradizione. «Siamo fortemente determinati a far sì che accada. L'Italia la chiede da tempo e ci sono tutti i presupposti sulla base del diritto internazionale perché sia realizzata». E Angelino Alfano spiega che il nostro ambasciatore si sta dando fare «con le autorità brasiliane». Il fascicolo Battisti è dunque di nuovo sul tavolo di Paolo Gentiloni: per il governo, e anche per Matteo Renzi, dopo aver salvato e riportato a casa i due marò, riuscire a farsi consegnare il terrorista pluriomicida sarebbe davvero un grosso successo di immagine, soprattutto in vista delle elezioni.
La chiave per risolvere l'intreccio sta nel trovare il punto di mediazione tra due sistemi legislativi differenti. In realtà anni fa la Corte Suprema di Brasilia aveva già dato il via libera alla riconsegna all'Italia di Battisti, ma l'ex presidente Lula negò l'estrazione e concesse a Battisti lo status di rifugiato. Ora la situazione politica del Planalto è completamente diversa, Temer non vede l'ora di chiudere il caso e pure la fitta rete internazionale che proteggeva l'ex esponente dei Pac, i Proletari armati per il comunismo, appare allentata.
Vicenda chiusa? Vedremo. C'è sempre il rischio di qualche incomprensione, di irritare la suscettibilità brasiliana, di qualche codicillo nascosto.
Qualcuno ad esempio ipotizza che Battisti l'arresto se lo sia andato scientificamente a cercare, commettendo un reato penale, l'esportazione di valuta, non tanto grave da restare in prigione ma sufficiente per far scattare l'articolo 89 dello statuto per gli stranieri, per cui non si può essere estradati se è in corso un processo per un crimine commesso in Brasile. E visti i tempi da bradipo della giustizia verde-oro, per il terrorista sarebbe l'arrocco perfetto. O ha sbagliato i calcoli?
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