Orrore nel quartiere-bene: gioielliere rapinato e ucciso

Un malvivente solitario svuota il negozio in Prati e si accanisce sul titolare di 70 anni picchiandolo brutalmente. A scoprire il corpo un barista vicino

L o hanno trovato morto dentro alla sua gioielleria, ucciso nel corso di una rapina finita male. È accaduto a Roma, in via dei Gracchi, una strada dello shopping nell'elegante quartiere Prati. Giancarlo Nocchia, 70 anni, una moglie e un figlio ventenne, è stato picchiato brutalmente e colpito con violenza alla testa da qualcuno che gli ha messo a soqquadro il negozio svuotando dall'interno le vetrine e i cassetti pieni di gioielli. Senza che nessuno dei negozianti accanto alla gioielleria si accorgesse di nulla.

È accaduto nel primo pomeriggio, alla riapertura dopo la pausa pranzo. A trovare il cadavere all'interno della gioielleria è stato il titolare del bar dietro l'angolo, in via Paolo Emilio, Sergio Ottaviani, un amico di vecchia data della vittima. Ad allarmarlo sono stati alcuni passanti preoccupati perché Nocchia non rispondeva al campanello. Ottaviani si è precipitato nella gioielleria, la porta era aperta, e ha trovato il commerciante a terra, tra il bancone e la scala a chiocciola che portava al laboratorio al piano di sopra. Tutto intorno il caos. Per strada, in una traversa a pochi metri dal negozio, sono state ritrovate in terra alcune scatole di gioielli vuote, probabilmente abbandonate nella fuga, un dettaglio che farebbe pensare più a un balordo che non a un vero professionista. Un rapinatore solitario, pare, anche se nessuno nel quartiere ha visto o sentito nulla, tantomeno colpi di pistola.

Di certo Nocchia aveva una profonda ferita alla testa, provocata forse da un corpo contundente, e altri segni sul corpo. È probabile, dunque, che la vittima abbia lottato prima di morire. Sarà il medico legale a stabilire le cause del decesso. Quello di Nocchia era un laboratorio artigianale che produce opere d'arte, come è scritto sul sito internet, non una gioielleria qualunque. E questo potrebbe avere fatto gola a qualche malvivente, che non si è preoccupato di entrare in azione in pieno giorno in una zona alle spalle di via Cola di Rienzo, una strada molto commerciale e sempre affollata. Non è ancora chiaro come il rapinatore sia riuscito a farsi aprire da Nocchia, che era un tipo molto scrupoloso e diffidente. Non apriva facilmente agli sconosciuti, soprattutto dopo che negli ultimi anni era stato vittima di altre tre rapine. Ora sulle scatole dei gioielli ritrovate per terra verranno eseguiti gli accertamenti tecnici alla ricerca di impronte digitali. Ma un aiuto importante per gli investigatori potrebbe arrivare dai filmati delle telecamere interne alla gioielleria e di quelle installate nella strada. All'ora di pranzo il commerciante aveva chiuso la gioielleria ed era andato a mangiare in una vicina tavola calda, dove è stato visto da alcuni colleghi, poi è rientrato in negozio. Il rapinatore potrebbe aver approfittato del momento in cui rientrava o Nocchia potrebbe aver aperto a un finto cliente, un uomo con una parrucca. Il barista che ha trovato il corpo non si dà pace: «Ci conoscevamo da 30 anni - ripete - Giancarlo era un amico di mio padre e mi ha visto crescere. Quando sono entrato era a terra dietro al bancone. C'era una confusione terribile e la vetrina era stata svuotata».

«Giancarlo era molto attento, diffidente, mi meraviglia che abbia aperto a qualcuno. In passato aveva subito altre rapine: tre negli ultimi anni», racconta Paolo, uno dei fratelli della vittima.

Il cognato, Claudio Pica, che tra l'altro è direttore dell'associazione esercenti, non si dà pace: «Una brutta rapina, figlia di questa crisi, davanti a cui le forze politiche non riescono a far niente. Dovrebbero inasprire le pene perché non è possibile morire così. Una botta in testa ed è morto, è assurdo. Lunedì andrò dal prefetto».

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