Meglio stare a casa. Ostia non si fida, Ostia non vota, Ostia sente il peso del suo degrado. Ostia alla fine sceglie i Cinque Stelle. Giuliana Di Pillo, con un 60,09 a 39,91 per cento (100 sezioni su 183), sarà il «minisindaco» del porto di Roma che è un quartiere con i numeri da grande città e questo segna problemi e contraddizioni. L'affluenza finale è il 33,6%, vale a dire 62.378 elettori su 185mila, tre punti percentuali in meno rispetto al primo turno. Con punte record di astensione, come quella della sezione di Tor De Cenci: due soli votanti su 988 iscritti. È l'effetto «Spada»? È certo che la testata non abbia aiutato Monica Picca, candidata del centrodestra. Non per colpa sua, ma perché ha permesso ai grillini di far dimenticare i fallimenti romani della Raggi. Ostia è peggio. È sporco e malavita, è rom e puzza di cosche. E purtroppo la risposta alla malattia è la fede cieca e populista nei Cinque Stelle. Fa comodo a tutti, anche alla sinistra che si guarda bene dal governare una realtà così difficile.
Si ipotizza un'inchiesta sui voti ottenuti con la complicità dei malavitosi. «Il denaro e i voti della mafia puzzano - dice Rosy Bindi, presidente della commissione antimafia -. E per Ostia non escludo che possano essere avviate inchieste per voto di scambio almeno per quanto riguarda il primo turno. Quel naso rotto è la risposta mafiosa a una domanda sui comportamenti mafiosi. Ostia non è stata ancora liberata».
All'uscita di uno dei 183 seggi aperti fino a tarda sera, quello del plesso scolastico Amendola-Guttuso, a Nuova Ostia, sono in molti a pensare che la triste vicenda dell'aggressione al giornalista Rai Daniele Piervincenzi abbia influenzato emotivamente gli abitanti del quartiere. «Per molti un candidato o l'altro non fa differenza - racconta Emanuele, 25 anni, disoccupato -, qui a Ostia Ponente la situazione resta la stessa. Se vuoi un alloggio popolare devi pagare e sottostare al racket, se ti servono soldi per campare e arrivare a fine mese chiedi un prestito a usura. Chi non accetta queste regole devo solo andarsene da qui. E pure in fretta altrimenti sono guai seri. Il Comune è inesistente molti o non vanno più a votare o danno il voto a chi effettivamente li aiuta materialmente».
Una chiesa e un teatro di frontiera, un sezione del Pd per anni abusiva (non pagavano l'affitto all'Ater, proprietaria dell'immobile di via Antonio Forni). Come la palestra di Roberto Spada, chiusa d'imperio una prima volta dal commissario straordinario giunto sul litorale dopo lo scioglimento del parlamentino per mafia e riaperta in un locale privato ma senza le necessarie autorizzazioni. Parlano drammaticamente i dati dello sportello antiusura, aperto dal viceparroco Don Antonio De Donno, anche lui sceso in campo per il rinnovo dell'amministrazione: appena 5 denunce in 15 anni di attività. Una zona dove l'illegalità è di casa e vige solo la legge del più forte. «Perché dovremmo votare?».
In un bar di piazza Gasparri l'aria è pesante ma c'è ancora qualcuno che ha voglia di parlare con i giornalisti. «Dicono che questo è un quartiere di delinquenti - racconta Fabrizio, meccanico -, non è così. Qui c'è un sacco di gente che sgobba da mattina a sera per sbarcare il lunario e nessuno ci aiuta. Ecco perché a votare non ci andiamo. Con la costruzione del porto, nel 2000, ci avevano promesso centinaia di posti di lavoro e la riqualificazione del quartiere. Invece niente, adesso è peggio di prima». Seggi guardati a vista da agenti in divisa e non, militari, carabinieri e finanzieri. Uno spiegamento di forze a garantire lo svolgimento delle elezioni senza problemi. Alcuni numeri: dei 185.661 cittadini aventi diritto al voto 96.179 sono donne e 88.862 uomini.
Di Pillo, che ha ottenuto il 30,21 per cento al primo turno, ha votato intorno alla 10 all'Istituto Paolo Toscanelli, mentre la Picca, sostenuta da Fdi, Lega e Forza Italia e che ha raggiunto il 26,68 per cento dei consensi, ha votato un'ora dopo ad Acilia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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