Padoan fa i salti di gioia ma sarà un 2018 fiacco

Il ministro dell'Economia: «Ci siamo rimessi in moto». Crescita e consumi ancora a rilento

Padoan fa i salti di gioia ma sarà un 2018 fiacco

«L'Italia si è rimessa in moto dopo la più grave crisi del dopoguerra, il debito è stabilizzato, il deficit dimezzato e l'export in aumento. Gli italiani devono essere orgogliosi dei propri sforzi e guardare con fiducia al futuro», ha twittato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, al termine della conferenza stampa di fine anno del premier Paolo Gentiloni. Al di là delle problematiche sulle quali il governo pare essere particolarmente incline all'ottimismo, da domani bisognerà fare i conti con un capitolo totalmente nuovo che, a detta di esperti ed analisti, presenta notevoli incertezze, non tutte di carattere esclusivamente politico.

Il 2018, infatti, secondo la totalità parte degli scenari previsionali sarà caratterizzato da un rallentamento della crescita economica rispetto al +1,5% previsto per quest'anno, in un'area molto vicina o leggermente superiore all'1,2% indicato dalla Nota di aggiornamento del Def. Secondo lo scenario macroeconomico dio Banca Imi (gruppo Intesa Sanpaolo), tale fenomeno dovrebbe causato da una flessione del ritmo di sviluppo dei consumi (dal +1,5% al +1,3%) non adeguatamente compensato dagli investimenti il cui incremento dovrebbe rimanere stabile al +3% annuo. Chiaramente, evidenzia Banca Imi, questa dinamica si riflette anche su un andamento più soft del recupero di posti di lavoro. Il tasso di disoccupazione l'anno prossimo dovrebbe calare al 10,8% rispetto all'11,2-11,3% atteso per il 2017.

Insomma, se gli aumenti a pioggia in arrivo per gli statali potrebbero sortire un minimo effetto benefico sulla domanda, molte incognite restano sugli altri effetti della legge di Bilancio 2018, particolarmente generosa con la pa. Intesa Sanpaolo si limita a descriverne ricadute sostanzialmente nulle. In pratica, la mobilitazione di 27,8 miliardi di risorse da parte del ministro Padoan e del capo del governo Gentiloni sposta poco o nulla rispetto all'andamento dell'economia italiana.

È chiaro che una tale sottolineatura non può essere rassicurante dal momento che incombono all'orizzonte elezioni politiche il cui esito è incerto e risalita dei tassi di interesse su un debito pubblico che resterà mostruoso. Non resta che interrogarsi sul vero punto debole italiano, oltre ai conti pubblici. Secondo le previsioni del Centro Studi di Confimprenditori, infatti, il settore manifatturiero italiano continuerà a perdere terreno sul fronte della produttività rispetto ai principali paesi europei. La produttività del lavoro nel 2019, dovrebbe rimanere di un decimo di punto percentuale inferiore ai valori del 2016. L'Ufficio studi dell'associazione imprenditoriale stima inoltre che, rispetto al picco pre-crisi resteranno da recuperare circa 130mila posti di lavoro, anche a causa di una sostanziale stabilità attesa per il fatturato delle imprese manifatturiere.

Per quanto riguarda il numero di fallimenti per il periodo 2016-2019, prosegue Confimprenditori, è possibile prevedere una cifra superiore alle 7mila aziende manifatturiere, una media di circa 2.300 aziende all'anno. Una cifra, purtroppo, ancora in linea con il periodo della crisi più profonda. Fisiologico con una pressione fiscale media del 48% sulle aziende.

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