Padoan si rimangia già lo sconto sull'Iva. Ed Equitalia parte all'assalto anche via sms

Beffa da 340 milioni di euro per le imprese: tassa pure su fatture non incassate

Padoan si rimangia già lo sconto sull'Iva. Ed Equitalia parte all'assalto anche via sms

Roma - Una beffa da 340 milioni di euro per imprese e professionisti firmata dalla premiata ditta Renzi-Padoan. Proprio mentre parte il nuovo servizio «Sms - Se mi scordo» di Equitalia che annuncia il ritardo nei pagamenti dei propri debiti tributari. Insomma, con una mano si prende e con l'altra pure.

Registrandosi sul sito di Equitalia (www.gruppoequitalia.it) o presso uno dei 202 sportelli dell'agenzia di riscossione (che sarà assorbita dalle Entrate), si potranno ottenere via sms o via email tre tipi di notifiche. Il primo tipo è l'affido a Equitalia di un debito tributario da riscuotere. Il secondo riguarda la situazione personale e avvertirà il contribuente che ha un piano di rateizzazione con Equitalia che non ha pagato almeno la metà del numero massimo delle rate previste per decadere dal beneficio. Il terzo tipo di sms è quello che giungerà quando manca soltanto una rata prima di decadere dal piano concordato.

Intanto, la legge di Bilancio 2017, nella versione definitiva uscita da Palazzo Chigi, contiene una norma che, se non sarà modificata, peserà non poco sui bilanci di imprese e professionisti. Si ripristina, infatti, la vecchia disciplina per il trattamento dei crediti verso le aziende sottoposte a procedure concorsuali, come fallimento e concordato preventivo. Questo significa che molti dovranno versare l'Iva su fatture che molto probabilmente non riusciranno mai a incassare.

La manovra per l'anno prossimo cancella la norma introdotta dalla legge di Stabilità 2016 che permetteva al creditore di poter recuperare in tempi rapidi l'Iva nel frattempo versata all'Erario. In particolare, fino al 31 dicembre sarà possibile emettere una nota di credito all'apertura di una procedura concorsuale, senza doverne attendere gli esiti. Basti pensare che la manovra dell'anno scorso aveva predisposto uno stanziamento di 340 milioni connessi alle minori entrate relative all'Iva su crediti. «Si trattava, in buona sostanza, di un principio derivante dal buon senso», commenta Paolo Duranti, fiscalista dello studio Mazzocchi & Associati di Milano.

«Se l'impresa o il professionista A cede un bene o effettua una prestazione per l'azienda B, conseguentemente emette una fattura comprensiva di Iva e versa questo tributo allo Stato», spiega Duranti sottolineando che «parrebbe naturale pensare che qualora nel frattempo B fallisca e il credito indicato in quella fattura non venga soddisfatto, A possa recuperare rapidamente l'Iva già versata, in quanto non l'ha potuta ottenere dal debitore». Ecco perché la legge di Stabilità dell'anno scorso modificava il regime: una scelta effettuata non solo per venire incontro alle esigenze degli imprenditori che si trovano spesso a dover subire le lungaggini delle procedure fallimentari (8 anni di media la durata di ogni procedimento), ma anche i danni economici.

Se il ddl non sarà modificato durante l'iter parlamentare, la nota di credito potrà essere emessa soltanto entro il secondo anno successivo a quello in cui si ha la «giuridica certezza» della non recuperabilità del credito, cioè alla fine della procedura fallimentare.

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