«La gente ha capito che non solo ai potenti ma a chiunque può capitare di tutto e di più. Perché nel sistema attuale quando uno è indagato è morto». Alle 350mila firme già raccolte dalla Lega e dal Partito radicale per i referendum sulla giustizia ieri si aggiunge quella di Paolo Berlusconi (nel tondo), editore del Giornale e fratello del leader di Forza Italia, che si presenta nel primo pomeriggio al banchetto allestito a Roma dai radicali in via Salita de' Crescenzi, vicino al Pantheon. L'imprenditore sottoscrive i quesiti: spiegando ai cronisti di considerare i referendum una strada obbligata, anche perché gli italiani ormai hanno capito che le storture dei processi sono un dramma che può colpire chiunque: «La gente capisce che la magistratura così come concepita da adito a pochi a cambiare la vita di tanti».
«Fortunatamente i tempi sono maturi»,dice Berlusconi junior, e a dimostrarlo è anche l'incredibile successo del libro di Alessandro Sallusti e Luca Palamara sul Il Sistema. «L'opinione pubblica chiede una giustizia giusta, credo il libro di Sallusti e Palamara abbia contribuito non poco a questa domanda. Inizialmente dovevano fare 15mila copie, sono diventata 250mila». Anche tra i giudici, dice ancora Paolo Berlusconi, molti vorrebbero cambiare le cose: «Tanti magistrati sono corretti e parlando con loro si capiva la loro impotenza di fare qualcosa, sapevano che il sistema era sbagliato; ma sapevano che il loro volo sarebbe stato fermato a metà dal fuoco amico».
Dalla separazione delle carriere tra pm e giudici («oggi sono una combriccola»), dalla responsabilità civile dei magistrati («chi sbaglia paga») alla modifica della legge Severino fino alla limitazione del carcere preventivo: Berlusconi firma tutti i sei quesiti, spiegando che tutti sono finalizzati alla riduzione dello strapotere dei pm. Uno strapotere che spesso rovina la vita degli innocenti. Cita il caso della famiglia Ligresti: «Hanno perso tutto, sono stati assolti e hanno subito anche l'umiliazione del carcere». Uno strapotere, dice, che colpisce soprattutto chi non si schiera dalla parte delle toghe: «In Italia ci sono poche certezze come la legge di gravità, una di queste è che se uno si candida con un partito non amico della magistratura viene colpito. Non è un rischio ma una certezza. Tanto che mi aspetto che da un giorno all'altro sui candidati del centrodestra alle prossime elezioni amministrative si alzino dei polveroni.
Tanto basta questo, poi tra otto mesi a elezioni compiute c'è l'articoletto che riporta tutto alla realtà, ma ormai è tardi». Comunque, insiste, ad andarci di mezzo può essere chiunque, anche chi non si occupa di politica: per finire nei guai «basta che un tuo nemico di casa abbia un amico magistrato e il gioco è fatto».
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