Secondo tampone negativo per Papa Francesco, dopo il caso positivo di coronavirus riscontrato due giorni fa su un suo stretto collaboratore, ricoverato ancora al Gemelli di Roma. Bergoglio è stato sottoposto nuovamente al tampone, insieme ai suoi più stretti collaboratori che vivono a Santa Marta, la residenza in Vaticano dove vive il funzionario della Segreteria di Stato risultato positivo.
E tra i Sacri Palazzi si tira un sospiro di sollievo per l'esito del tampone effettuato sul Pontefice anche se, come fanno notare i più cauti, serve ancora il terzo esame per essere tranquilli.
Sono risultati negativi al test anche gli altri collaboratori di Bergoglio che vivono a Santa Marta. Sanificato l'ambiente dove Francesco ha scelto di vivere appena eletto al Soglio di Pietro, contrariamente ai suoi predecessori che hanno sempre vissuto nel Palazzo Apostolico.
Francesco intanto continua la sua vita, quasi in totale isolamento: alle 7 la celebrazione della messa nella cappella Santa Marta (trasmessa in diretta su Rai1 per volere del direttore Stefano Coletta), a seguire gli appuntamenti strettamente necessari. Ieri, ad esempio, pochissime udienze e incontri privati. Niente strette di mano e distanza di almeno un metro; nessuna udienza di gruppo. «In questi giorni di sofferenza ha detto alla messa - c'è tanta paura, paura degli anziani che sono soli nelle case di riposo o in ospedale o a casa loro e non sanno cosa possa accadere. La paura dei lavoratori senza lavoro fisso che pensano a come dare da mangiare ai loro figli e vedono arrivare la fame. La paura di tanti servitori sociali che in questo momento aiutano ad andare avanti la società e possono contrarre il coronavirus, anche le paure di ognuno di noi. Ognuno sa quale sia la propria».
Oggi pomeriggio, alle 18, l'appuntamento con la preghiera in una piazza San Pietro vuota e la benedizione «Urbi et Orbi». Un evento straordinario, una prima assoluta. Una preghiera di supplica per chiedere la fine della pandemia. Il Papa ha voluto sul sagrato il Crocifisso di San Marcello al Corso, il Crocifisso miracoloso che fece fermare la peste di Roma nel XVI secolo.
Proprio davanti a quella croce-simbolo dei Giubilei, Francesco si era inginocchiato dieci giorni fa, in un gesto straordinario che aveva fatto il giro del mondo: il Papa, da solo, che cammina per una Roma deserta, e poi in ginocchio in preghiera.
Ora Francesco ha voluto che quel pezzo di legno fosse al suo fianco in occasione della preghiera mondiale di oggi. Una semplice croce oggetto di profonda devozione da parte dei romani fin dal 1519, quando rimase intatta nel grande incendio che colpì la chiesa. Tre anni dopo, nel 1522, la croce viene portato in processione per le vie di Roma verso la Basilica di San Pietro. La processione dura 16 giorni, durante i quali la peste regredisce. Al termine, quando rientra in Chiesa, la peste è del tutto cessata.
Ieri, il crocifisso sul cui retro sono incisi i nomi dei vari pontefici e gli anni di indizione dei Giubilei - non è stato portato in processione (ma con un furgoncino) ma il significato della sua presenza in una piazza san Pietro deserta è piuttosto chiaro: chiedere la fine di una pandemia che sta mietendo vittime in tutto il mondo.
Al termine della preghiera mondiale, il Papa impartirà la benedizione «Urbi et Orbi» (alla città di Roma e al mondo) cosa eccezionale e concederà l'indulgenza plenaria, ovvero la cancellazione delle pene temporali, secondo quanto previsto da un recente decreto della
Penitenzieria Apostolica. Altro gesto significativo da parte della chiesa italiana è l'invito ai vescovi a recarsi da soli in un cimitero per commemorare i defunti. Sarà questo il Venerdì della Misericordia della Chiesa italiana.
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