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Il Papa toglie la Madonna alla mafia

Arriva la task force del Vaticano: "Basta infiltrazioni nelle celebrazioni mariane"

Il Papa toglie la Madonna alla mafia

Feroci e devoti, sono gli assassini col rosario, credenti a modo loro e mandanti di efferati delitti. Come Bernardo Provenzano, il boss di Cosa Nostra che, prima di morire, dopo aver letto tutti i giorni la Bibbia, aveva riempito la sua cella di immagini di Padre Pio e della Beata Vergine e aveva tappezzato il suo covo, dove si nascondeva prima di essere arrestato, con immagini sacre di Santi e di «Madunnuzze». Sono finiti sotto i riflettori quegli «inchini» durante le processioni religiose davanti alle case dei boss, in particolare in quella Calabria dove la ndrangheta utilizza persino l'immagine di San Michele Arcangelo per i suoi riti di affiliazione e sfrutta la Madonna di Polsi come vessillo in una terra martoriata da una cultura criminale che continua a farsi strada anche per il suo «fascino» perverso. Di fronte a questi fenomeni Papa Francesco ha voluto sostenere con tutte le sue forze la nascita di una task force composta da ecclesiastici, forze dell'ordine e procuratori per «liberare» Maria dalle mafie e dal potere criminale. L'iniziativa è partita dalla Pontificia Accademia Mariana Internationalis e l'obiettivo ambizioso di questa istituzione scientifica della Santa Sede «che promuove e favorisce la scienza mariologica», in questo caso, è proprio quello di combattere la spiritualità deviata e debellare soprattutto il fenomeno degli «inchini». L'Accademia lancia quindi un'operazione culturale, fatta di studio, analisi e monitoraggio dei fenomeni criminali e mafiosi, di fronte a una sorta di «occupazione» dei luoghi e delle ritualità mariane da parte delle mafie, per liberarli dal potere dei padrini.

«La devozione mariana», ha spiegato Papa Francesco in un messaggio inviato all'istituzione, «è un patrimonio religioso-culturale da salvaguardare, liberandolo da sovrastrutture, poteri e condizionamenti che non rispondono ai criteri evangelici di giustizia, onestà e solidarietà». Nel mirino dei clan è finita, ad esempio, la Madonna della Neve, patrona di Zungri, Vibo Valentia: nel 2018 Giuseppe Accorinti, ritenuto il capo dell'omonimo clan, fu sorpreso dai carabinieri a portare in spalle l'effige della Vergine durante la processione, tra i plausi di alcuni simpatizzanti. La statua della Madonna delle Grazie di Oppido Mamertina, Reggio Calabria, nel 2014, con tutta la processione al seguito, si fermò davanti alla casa del boss Mazzagatti. E ci fu l'ennesimo, vergognoso, «inchino». «Padrini e padroni mafiosi», spiega al Giornale monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro, «hanno creato una sorta di religiosità parallela, che mentre scimmiotta riti cattolici e processioni, di fatto insinua una irreligione che fa del potere assoluto dei padrini una sorta di dio in terra». Non c'è da sorprendersi quindi se questo o quel boss mafioso, prima di ordinare un omicidio ai suoi scagnozzi, fa il segno della croce. O se, durante i riti di affiliazione mafiosi, il nuovo adepto versa una goccia di sangue su immagini sacre: si tratta di un inquinamento della fede che Papa Francesco e l'Accademia Mariana vogliono combattere con tutti i mezzi, soprattutto con la formazione e la promozione di eventi e come ha detto più volte Bergoglio - con la scomunica dei mafiosi. «Va gridato dai tetti», insiste l'arcivescovo di Catanzaro e Postulatore delle cause di beatificazione di Padre Puglisi e del giudice Rosario Livatino, «nell'universo mafioso il potere è più importante della ricchezza economica. E questo lo avevano capito bene i martiri per mano mafiosa, come il Beato Puglisi e il Servo di Dio, Livatino.

Essi saranno i nostri punti di forza per liberare la religiosità popolare mariana da ogni inquinamento criminale, da ogni virus letale, da ogni zizzania malefica».

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