Cronaca giudiziaria

Il parà morto in caserma: condannati due ex caporali

Emanuele Scieri fu trovato senza vita ai piedi di una torre. Ai colpevoli 26 e 18 anni: "Fu nonnismo"

Il parà morto in caserma: condannati due ex caporali

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Una condanna arrivata dopo 24 anni, tra muri di omertà, misteri e bugie. Era il 16 agosto del 1999 quando il parà siracusano di leva Emanuele Scieri venne trovato morto ai piedi della scala di una torre di asciugatura dei paracaduti nella caserma «Gamerra» di Pisa. Era lì da tre giorni, da quando al contrappello delle 23.45 non aveva risposto. Dopo decenni contraddistinti da inchieste prima chiuse e poi riaperte e tentativi di depistaggio, la Corte d'Assise del Tribunale di Pisa ha condannato a 26 e 18 anni di carcere Alessandro Panella e Luigi Zabara, accusati di omicidio volontario aggravato da futili motivi.

La notte del 13 agosto di 24 anni fa i due caporali, insieme ad Andrea Antico (assolto nel 2021 con rito abbreviato), avrebbero obbligato il ragazzo siciliano salire su quella torre, dopo averlo picchiato e fatto spogliare. Il giovane sarebbe poi precipitato cercando di fuggire mentre qualcuno dei commilitoni faceva pressione con gli scarponi sulle nocche delle sue dita. Il suo corpo fu però ritrovato sotto un tavolo, forse dopo aver provato a muoversi ormai agonizzante. Per questo motivo la contestazione è di omicidio volontario: secondo l'accusa la morte di Scieri si sarebbe potuta evitare se i caporali, subito dopo la sua caduta, non fossero fuggiti. Ma l'episodio non sarebbe stato estemporaneo: per la Procura di Pisa nella caserma «Gamerra» si viveva in un clima di nonnismo di cui erano a conoscenza anche i vertici accusati di aver coperto il fatto. Imputati per favoreggiamento erano l'ex maggiore Salvatore Romondia e l'ex generale Enrico Celentano, entrambi assolti assieme ad Antico con rito abbreviato. Contro questa sentenza di assoluzione la procura di Pisa ha però già fatto appello.

La Corte ha condannato anche il ministero della Difesa al risarcimento dei danni alle parti civili: 200mila euro per la madre di Emanuele e 150mila per il fratello Francesco. «Mio fratello non ci sarà restituito ma adesso c'è una verità, quella che noi abbiamo sempre voluto, sia io che i miei genitori- dichiara Francesco . Hanno lottato fino allo stremo per avere questa giornata così importante e finalmente una sentenza di condanna per i colpevoli, per quelli che hanno sbagliato», ha detto lui. Il percorso ad ostacoli, d'altronde, è stato lunghissimo: il caso era stato riaperto solo nel 2018 dalla Procura di Pisa dopo che la Commissione parlamentare d'inchiesta aveva già escluso il suicidio di Scieri. Il verdetto della Corte d'Assise, invece, sarebbe dovuto arrivare un mese fa, ma a sorpresa - dopo dopo più di sei ore di Camera di Consiglio - era stato chiesto di ascoltare tre donne che nel 1999 frequentavano i caporali accusati e che già all'epoca erano state inserite nella lista testi del pubblico ministero che aveva condotto la prima inchiesta sulla morte del parà.

«Noi volevamo la verità e così oggi (ieri, ndr) è stata scritta una pagina di verità», ha concluso Francesco Scieri visibilmente emozionato.

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