Parigi, jihadista uccide tre donne

L'Isis ha rivendicato i delitti ma per le autorità era uno squilibrato

Francesco De Remigis

Esplode la violenza nel sobborgo parigino di Trappes. Il coltello come arma per uccidere e le parole per marcare l'ispirazione dell'attacco. Il grido è sempre lo stesso: «Allah Akbar» (Allah è grande). Siamo a 35 chilometri dalla capitale francese, una di quelle aree considerate a rischio dal governo per la presenza massiccia di immigrati maghrebini. Una zona povera dove le tensioni sociali sono all'ordine del giorno e la polizia fatica a intervenire, spesso anche solo ad entrare in certi quartieri. Da qui, negli ultimi anni, almeno una trentina di sostenitori dell'Isis sono partiti per raggiungere il Califfato tra la Siria e l'Iraq.

Ieri mattina, intorno alle 10, un 36enne musulmano, Khamel S., già schedato dall'antiterrorismo, è entrato in azione aggredendo due donne della sua famiglia. Le ha uccise con un coltello. Erano la madre e la sorella. Poi è sceso in strada, colpendo una vicina di casa rimasta ferita gravemente.

All'arrivo degli agenti l'uomo prova a rifugiarsi in un capannone di Rue Camille Claudel. Minaccia la polizia dall'interno (gli agenti dicono ai media di aver sentito in quell'istante il grido «Allah Akbar»). Sempre armato di coltello, insiste: «Vi ucciderò tutti». Le teste di cuoio intervengono senza attendere troppo e lo neutralizzano. Inutili i soccorsi sull'uomo che resta a terra ucciso.

L'Isis ha rivendicato poco dopo l'accaduto comunicando all'agenzia di stampa Amaq che il 36enne era «un militante dello Stato islamico». Ma restano i dubbi della polizia che non esclude un gesto scaturito da dinamiche interne alla famiglia. Nonostante abbia gridato «Allah Akbar» all'arrivo degli agenti, la procura antiterrorismo non è intervenuta come in situazioni analoghe. Nessun fascicolo è stato aperto e il ministro dell'Interno evoca il profilo di uno «squilibrato» consumatore di stupefacenti, non di un «terrorista». Si scava nella vita del 36enne per capire se alla base dell'attacco ci sia una causa diversa dall'affiliazione all'Isis. Tutte le ipotesi restano in piedi. Certo è che l'uomo, autista di furgoni a noleggio, era stato condannato per apologia di terrorismo ed era schedato con la «Fiche S», rappresentava cioè un pericolo per la sicurezza dello Stato, in una cittadina in cui oltre la metà dei suoi 30mila abitanti ha meno di 25 anni e la disoccupazione si aggira attorno al 20%. Non a caso, Trappes figura nella lista dei territori perduti della Repubblica stilata dall'esecutivo. Quelle zone da «riconquistare» con politiche vicine (sulla carta) alla tolleranza zero.

L'episodio di ieri è solo l'ultimo di una serie che scuote la Francia

da oltre due anni. Singoli armati di coltello che uccidono in nome di Allah. Era successo a Parigi lo scorso maggio a piazza dell'Opera: una ragazza sgozzata e 4 feriti. Nel 2017 a Marsiglia due donne uccise alla stazione.

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