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Parigi processa il terrore. "Soldato dell'Isis", "Porco". Sul Bataclan è subito caos

Salah Abdeslam, sopravvissuto ma non pentito: "C'è un solo dio: Allah. Io trattato come un cane"

Parigi processa il terrore. "Soldato dell'Isis", "Porco". Sul Bataclan è subito caos

Sul banco degli imputati c'è anzitutto lui, Salah Abdeslam, l'unico terrorista-kamikaze sopravvissuto all'attacco che il 13 novembre 2015 lasciò 131 vittime sul suolo di Parigi e Saint-Denis. Uno squarcio nella Storia. Più di 350 feriti tra lo Stade de France, i locali del centro e la sala da concerto tristemente segnata dal sangue. Assalti in kalashnikov, cinture esplosive. Diversi commando. Non fu «solo» la strage al Bataclan a uccidere, ma un'azione a macchia di leopardo orchestrata in vari punti della capitale, su cui in questi anni la Francia ha provato a far luce. Ieri, via al maxi processo contro i «presunti innocenti».

In una sala bunker di 750 metri nel Palazzo di Giustizia sull'Ile-de-la Cité, a 200 metri dalla cattedrale di Notre-Dame di Parigi, prima udienza dei professionisti del terrore. Una ventina di imputati coinvolti a vario titolo negli attentati di quella notte, tra preparazione, logistica, propaganda jihadista: e se i terroristi saltati in aria hanno lasciato pochi elementi sul terreno, uno di loro non si fece esplodere, slacciandosi invece la cintura. Da lì si è partiti. Da quel ripensamento del ragazzo di Molenbeek, se di questo si è trattato.

Sei anni di istruttoria, elementi e prove raccolte tra Siria, Maghreb ed Europa. Uno sforzo collettivo delle 1.800 parti civili di diverse nazionalità, ma pure nazionale: perché sulle dinamiche interne al commando permangono numerose zone d'ombra, specie sul ruolo effettivo di Abdeslam, caleidoscopio di un'azione di cui potrebbe essere stato una delle menti, un reclutatore o un semplice «decimo uomo»; passato peraltro pure dall'Italia (Bari e Conegliano Veneto).

Più che l'ora del giudizio, ieri è stata quella della comparizione. E della sua invettiva: «Sono stato trattato come un cane per oltre sei anni, dopo la morte risorgerò. Anche voi dovrete render conto». Il presidente della Corte d'Assise lo interrompe, gli chiede di sedersi: «Non siamo in un tribunale ecclesiastico ma democratico, sono venuto a trovarla in carcere, ho visto l'ambiente in cui si è installato...», dice Jean-Louis Périès, consapevole della prigionia dorata di cui gode il 31enne franco-marocchino, il detenuto più sorvegliato di Francia.

La barba nera gli spunta dalla mascherina, i capelli scuri e lunghi fino alle spalle, all'indietro. Maglietta nera, Abdeslam si presenta come «combattente dell'Isis», sul banco degli imputati. Sguardo da star e look da perfetto servitore dello Stato islamico, indica gli «schermi piatti» e le «belle telecamere».

Colpo di scena. Declina le generalità. Poi? «Non c'è altro Dio all'infuori di Allah». Le prime parole. E su che lavoro svolgesse: «Ho rinunciato a ogni professione per diventare un combattente per l'Isis». Abdeslam lo ammette. Di lavoro faccio il terrorista. Islamico. In aula scoppia il caos: «Sei un porco!», grida qualcuno. La sua provocazione in sede protetta - solo l'audio viene trasmesso in differita, per ragioni di sicurezza - fa immediatamente scattare i primi interrogativi, a cominciare dai diritti della difesa. «La Corte ha la funzione di esaminare le accuse e trarne conseguenze penali», rassicura il presidente. Le vittime raccontano, rivivono l'incubo. Gli accusati parlano. È solo l'inizio, tra faccia a faccia, interrogatori con contraddittorio e nuove piste. L'ultima parola ai giudici. Niente giuria popolare per evitare minacce e pressioni. Decisione tra 9 mesi (24 maggio). Un parto. Tanto durerà il processo per l'orrore del novembre 2015.

Per il Guardasigilli Éric Dupond-Moretti, la sfida è duplice: che sia data giustizia secondo regole che da secoli ci appartengono e che la Francia risponda presente all'appuntamento logistico.

«Il mondo intero ci guarda».

Sei imputati saranno giudicati in contumacia. Il detenuto numero 428001 del carcere di Fleury-Mérogis, Abdeslam, è invece seduto in prima fila. Da galeotto a showman, col rischio di trovarsi un fan club ad aspettarlo.

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