Parlamento umiliato, c'è la prova Solo l'1% delle proposte è legge

Tra fiducie e decreti Camera e Senato sotto scacco del governo

Parlamento umiliato, c'è la prova Solo l'1% delle proposte è legge

«Chi propone di votare No al referendum non rispetta il Parlamento» ha detto qualche giorno fa il ministro per le riforme Maria Elena Boschi, innescando solo l'ultimo round nella polemica estiva con la fronda Pd e opposizioni per l'ennesimo tono ultimativo usato sulla consultazione costituzionale. Salvo poi precisare di non riferirsi ai cittadini, ma a chi nell'agone politico vorrebbe «ripartire da capo», buttando via «due anni di lavoro» di Camera e Senato. Che però nell'era Renzi, di lavoro ne hanno svolto ben poco e per lo più fagocitato dalla road map del governo.

Tra fiducie (57), decreti legge da convertire e ratifiche da approvare, l'attività di Montecitorio e Palazzo Madama è finita anestetizzata dalla sfilza di provvedimenti governativi da licenziare in Aula. A fare una sintesi, risulta che l'80% delle leggi emanate con il Paese a guida renziana (dati Openpolis), sono di natura governativa. Tradotto, otto testi su dieci che entrano nelle Camere da ddl e ne escono da legge approvata, sono quelli messi nero su bianco dall'esecutivo. Il parlamento si limita agli emendamenti e alla mediazione, prima di incassare e approvare. Sempre più spesso a colpi di fiducia.

Negli ultimi otto mesi il trend è rimasto lo stesso. Stando ai dati di Openpolis da inizio anno solo sette ddl parlamentari hanno raggiunto il traguardo dell'approvazione definitiva su oltre 700 depositati (l'1%), contro i 24 di iniziativa del governo che sono diventati legge.

Deputati e senatori insomma hanno premuto il bottone verde più per dare il via libera ai faldoni con il timbro di Palazzo Chigi, che per dare ossigeno alle loro iniziative. Si tratta soprattutto di decreti legge da convertire, trattati internazionali e accordi bilaterali da ratificare, ma anche di leggi delega, che conferiscono all'esecutivo l'incarico a legiferare, presentate dallo stesso governo. Su 50 provvedimenti licenziati da gennaio a oggi, tra cui la riforma costituzionale Boschi dopo sei passaggi parlamentari, le Camere - si legge su parlamento.it - hanno convertito otto decreti legge, approvato quattro deleghe e ratificato 18 tra trattati o accordi. Questione anche di tempi. Mentre i testi di deputati e senatori giacciono in media 375 giorni, se non anni, in attesa di essere incardinati nel calendario delle commissioni o dell'Aula - la legalizzazione della cannabis e l'introduzione del reato di tortura, non ancora licenziati, attendevano la discussione dal 2013 - quelli del governo ci mettono 151 giorni per arrivare in Gazzetta ufficiale. Grazie spesso all'acceleratore della fiducia, arma eccezionale divenuta strumento ordinario nel governo Renzi, che dal suo insediamento l'ha posta 57 volte (sul 31% delle leggi) per evitare la paralisi di provvedimenti chiave.

Con buona pace delle opposizioni, esterne e interne al Pd, che dal Jobs Act all'Italicum, dalle unioni civili al salva banche, hanno ingoiato il boccone amaro.

Torna utile il monito del ministro Boschi: «Più rispetto» per il lavoro del Parlamento. Meglio se esteso oltre i confini della «sua» riforma.

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