Due colpi duri da parte del Parlamento per Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Ieri il presidente della Repubblica ha firmato la legge istitutiva della commissione di inchiesta sui dissesti bancari. Al Senato, invece, sono state presentate diverse mozioni per ripristinare nel decreto sulle banche venete (approvato ieri sera da Montecitorio con 211 sì) le norme sulla responsabilità degli amministratori degli istituti in dissesto, cancellati con la fiducia alla Camera e che avrebbero penalizzato il padre del sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Ma andiamo con ordine. Ieri mattina, infatti, il Quirinale ha reso noto che il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha apposto la firma sul provvedimento che istituisce una commissione bicamerale per fare luce sugli scandali bancari degli ultimi anni. Il provvedimento era fermo sul Colle dal 26 giugno: con l'atto reso noto ieri il presidente della Repubblica ha smentito i commenti malevoli sui tempi lunghi occorsi per la promulgazione. Anzi, i gruppi parlamentari di opposizione (e anche Sc che è in maggioranza) hanno invocato un rapido intervento dei presidenti della Camera per la designazione dei 40 componenti e l'avvio prima dell'estate. I grillini ne hanno subito chiesto la presidenza «in ragione della nostra forza parlamentare e della nostra totale distanza da qualsivoglia scandalo bancario. Più prosaico il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta. «La presidenza se la prenderà il Pd perché non siamo un Paese normale, ma basta fare 10-20 audizioni dei protagonisti degli ultimi anni, nei primi mesi e il quadro sarà tutto chiaro», ha dichiarato. Per ora si sa che il capogruppo dei democratici in commissione sarà il presidente del partito, Matteo Orfini, a sottolineare la delicatezza dell'indagine. È già stata chiesta la convocazione dell'ex ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, per chiedergli conto delle ingerenze del sottosegretario Boschi e del governo Renzi in generale per la risoluzione della crisi di Banca Etruria prima che fosse commissariata e poi liquidata.
A questo proposito, ieri non sono mancate le polemiche sulla posizione della questione di fiducia sul decreto per il salvataggio di Popolare Vicenza e Veneto Banca. L'ostruzionismo dei pentastellati, in polemica con il provvedimento che le affida a Banca Intesa e che ne consente il salvataggio con fondi pubblici, è legato alla cancellazione di emendamenti concordati tra tutte le forze politiche: l'estensione della salvaguardia per gli obbligazionisti subordinati e, appunto, le norme sulla responsabilità dei manager che comporterebbero l'interdizione perpetua dai pubblici uffici se oggetto di responsabilità da parte dei commissari liquidatori. È proprio il caso dell'ex vicepresidente di Banca Etruria, Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena. La questione di fiducia è un atto che coinvolge tutto il governo, ma è chiaro che, al di là del pressing dell'influente sottosegretario renziano, il premier Paolo Gentiloni non avrebbe navigazione facile nei prossimi mesi con un componente dell'esecutivo il cui genitore fosse colpito da una pena severissima.
In ogni caso, le opposizioni ci riproveranno al Senato.
La federazione della Libertà di Gaetano Quagliariello e Andrea Augello, seguita dai bersaniani, da Si e M5S ha presentato una mozione per reintrodurre nel decreto proprio quegli emendamenti. Allo scopo, si legge, «di impedire che amministratori che abbiano causato un fallimento possano assumere ancora quei ruoli».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.