Massimiliano Scafi
Roma Calma e gesso, queste al momento sono le armi principali in dotazione al presidente della Repubblica. Sergio Mattarella è preoccupato per la tenuta a gioco lungo dei conti pubblici, ma certo non è spaventato per le esibizioni muscolari dei due semi-vincitori. Salvini e Di Maio sono contro un governo di scopo con tutti dentro? Lega e Cinque Stelle vogliono tornare al voto? Il Quirinale non commenta, aspetta che le scorie polemiche e propagandistiche si depositino e si possa tornare a ragionare. Anche perché quella delle elezioni anticipate non è una minaccia efficace. Calendario alla mano, è del tutto irrealistico che si possa riandare alle urne prima del 2019.
Intanto il nuovo Parlamento non si è ancora insediato e solo dal 23 inizieranno le procedure per la nomina dei due presidenti delle Camere. Poi sarà la volta delle consultazioni, che potranno partire dopo l'elezione dei successori di Grasso e Boldrini. Complice il ponte pasquale, se ne riparlerà quindi ad aprile. E per come si sono messe le cose, è impensabile che la sfilata delle forze politiche davanti al capo dello Stato si consumi rapidamente.
Dai partiti e dalle coalizioni infatti Mattarella vuole una presa di posizione ufficiale, vuole sentire proposte, programmi, ipotesi concrete di accordi e numeri certi di maggioranza, perché un 32 o un 37 per cento non bastano per pretendere un incarico e tanto meno per andare a Palazzo Chigi. Se, come previsto, di primo acchitto nessuno sarà in grado di offrire una soluzione praticabile, il presidente potrebbe disporre un secondo giro di consultazioni. Oppure, potrebbe dare un mandato esplorativo a un mediatore che, a sua volta, organizzerebbe delle sue consultazioni prima di riferire al capo dello Stato.
Insomma, con tutta probabilità questa prima fase prenderà quasi tutto il mese di aprile, chiudendo così automaticamente la finestra elettorale di primavera. Seguendo la prassi degli ultimi settant'anni, l'ultima domenica utile per riportare gli italiani ai seggi sarebbe il 24 giugno. Dopo, d'estate, non si può fare, la gente va in vacanza e non in maniera omogenea tra sud e nord. Il risultato potrebbe essere falsato. E nemmeno in autunno si è mai votato, visto l'intreccio con la legge finanziaria e i conseguenti pericoli dell'esercizio provvisorio di bilancio, che comporta lo scatto delle clausole di salvaguardia a copertura delle leggi: tradotto, aumenterebbe l'Iva. Se poi si aggiunge la scarsa propensione dei neo eletti in Parlamento a lasciare subito il posto e i privilegi, si capisce perché il voto bis nel 2018 sia un'arma spuntata.
Il tempo dunque resta l'alleato principe di Mattarella.
Se i partiti non troveranno un'intesa per far nascere un governo politico, il Colle giocherà la seconda carta, un esecutivo di scopo per varare la legge di bilancio e la riforma elettorale. Oggi è una strada chiusa, sbarrata. Tra un mese o due, chissà.
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