Coronavirus

A Pasqua chiusi in casa. Aperture a scaglioni di età

Piano per far ripartire il Paese: prima i giovani e le attività che rispettano il "distanziamento"

A Pasqua chiusi in casa. Aperture a scaglioni di età

Avanti tutta con le restrizioni. Sicuramente per altri 15 giorni, fino al 18 aprile, poi si vedrà. Dipende da quei dati sui contagi che ogni pomeriggio tutti aspettiamo come oracoli, sperando che ci dicano quello che vorremmo sentire, che l'emergenza sta finendo, che quella maledetta curva è finalmente scesa in maniera significativa. Uno spiraglio di luce che autorizzi un po' di ottimismo, insomma. Anche se ormai è chiaro che non vedremo mai il premier Conte in Tv dirci che da domani si torna alla vita normale.

Nessun «tana libera tutti» ci riporterà in un colpo solo alla quotidianità. Gli scienziati sono concordi nel dire che pensare di riaprire tutto troppo presto significherebbe correre il rischio di mandare in fumo gli sforzi fatti finora, un rischio che comunque ad un certo punto la politica dovrà correre per limitare i danni collaterali dell'emergenza. «Le misure in scadenza il 3 aprile inevitabilmente saranno allungate. I tempi li deciderà il Consiglio dei Ministri sulla base di un'istruttoria che fa la comunità scientifica. Penso che in questo momento parlare di riapertura sia inopportuno e irresponsabile. Tutti noi vogliamo tornare alla normalità, ma prima dobbiamo riaccendere un interruttore per volta», dice su Sky TG24 il ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia. Piuttosto il governo sta studiando - sulla scia di quanto già anticipato dal sindaco Beppe Sala che per Milano sta ipotizzando un ritorno alla normalità a step - un piano per riaprire progressivamente l'Italia, prima le attività produttive, poi la popolazione per la quale si pensa ad un metodo a scaglioni anagrafici. Ma questo potrebbe non accadere prima che l'indice di contagiosità sia inferiore ad 1, quando cioè un positivo infetta meno di una persona, un traguardo ancora lontano. Soltanto allora, sicuramente dopo le vacanze di Pasqua, che saranno blindate e controllatissime, limitazioni e divieti potranno essere allentati.

Ci vorrà un bel po' prima che tutto torni come prima. Per i virologi bisognerà aspettare l'estate. Ma non ci arriveremo chiusi in casa. Conte sta aspettando le valutazioni del comitato tecnico scientifico per decidere come far ripartire il Paese. La strada è tracciata: le restrizioni verranno ridotte in modo graduale fino alla loro completa eliminazione. È logico pensare che si partirà da quelle attività dove è più facile mantenere il distanziamento sociale, non dalle discoteche, dai cinema, dai ristoranti o dai bar dove è inevitabile un contatto più ravvicinato tra le persone, anche se le soluzioni per garantire il necessario distacco volendo si trovano, come in Cina, dove perfino nelle ex zone rosse si sono ingegnati per far ripartire la vita senza pericolo che l'epidemia riprenda vigore. Il governo dovrà stabilire quali esercizi riaprire per primi, quelli dove è evitabile il contatto diretto con i clienti. Dovremo cambiare le nostre abitudini, abituarci agli ingressi contingentati, alle code fuori dai negozi e anche a portare la mascherina, come spiega l'assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera: «Da qui ai prossimi mesi probabilmente dovremo immaginare un modo di vivere diverso, dovremo andare tutti in giro sempre con la mascherina e scaglionare la nostra vita sociale per un numero significativo di mesi». Difficile per ora pensare alla ripresa immediata di eventi pubblici o sportivi che richiamano una grande quantità di persone dove non è possibile controllare il rispetto delle distanze.

Tanto meno le scuole.

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