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Il pasticcio del governo sugli F-35

La Pinotti conferma l'acquisto di 90 caccia nonostante il Pd a novembre avesse votato una mozione per ridurre del 50% l'impegno finanziario. E Renzi diceva: "Sono inutili"

Il pasticcio del governo sugli F-35

Il governo compie un pasticcio sugli F-35, gli aerei da combattimento tanto osteggiati da più parti e che invece il ministro della Difesa Roberta Pinotti intende acquistare senza riduzioni di sorta. Partiamo dal principio: la questione della partecipazione al programma Joint Strike Fighter (JSF) ha radici lontane, inizia addirittura nel 1996 quando al ministero sedeva Beniamino Andreatta nel primo governo Prodi. Da quel giorno l'impegno internazionale dell'Italia è stato rimodulato più volte, fino ad arrivare alle mozioni votate a novembre del 2014 dalla Camera, mozioni che chiedevano di rivedere l'impegno finanziario italiano.

Ieri, però, la Pinotti ha presentato a Parlamento il Documento Programmatico Pluriennale (DPP) con un capitolo dedicato proprio al programma JSF. L'impegno dell'Italia sarà quello di acquistare 38 F-35 entro il 2020, circa 7-8 l'anno. E sebbene dalla Difesa assicurino che le spese verranno rimodulate, il totale degli aerei da acquistare rimmarrà di 90 unità. Nel documento si precisa che la spesa che dovrà accollarsi quest'anno il governo si aggira intorno ai 582,7 milioni di euro, tra cui 260 milioni per acquisizioni e supporto logistico, 66 per le predisposizioni e gli adeguamenti infrastrutturali ed altri 233 milioni di euro per il consolidamento dei ritorni industriali pianificati. Non poco, viste le ultime sentenze su benzina e pensioni che pendono come una spada di damocle sul budget di Renzi.

Investire nella Difesa, s'intenda, non è un male. Anzi. Sul sito dell'Areonautica il progetto F-35 è approvato a 360°, sia per quanto riguarda la tecnologia militare sia per il ritorno economico che l'operazione porterà alle imprese italiane, considerando che presso la base dell’Aeronautica Militare di Cameri, è operativa la linea di assemblaggio finale, manutenzione e aggiornamento. Ben venga l'aggiornamento delle difese dell'Italia, dunque. Ma il governo, ancora una volta, è apparso indeciso sulle scelte da fare. Se non incoerente.

Quando vennero approvate le mozioni della Camera, il Pd votò due differenti testi: uno, in cui si chiedeva al governo di dimezzare l'impegno finanziario per i cacciabombardieri Joint Strike Fighter; l'altro che invitava a "mantenere gli impegni assunti in sede internazionale". Un modo per poter annunciare di aver ridotto gli F-35 e poi lasciare giustamente tutto così com'è. Gli F-35, infatti, si faranno e verranno acquistati: 6 sono in produzione, uno ha già fatto il roll out di collaudo e dovrebbe essere consegnato all'Areonautica entro la fine dell'anno.

Le opposizioni non l'hanno presa bene. Sel ha fatto oggi una conferenza stampa in cui ha accusato il governo di aver "preso in giro gli italiani e il Parlamento". Dal DPP, secondo gli oppositori degli F-35, emerge che l'impatto sulle finanze pubbliche non sia cambiato di una virgola: "oltre ai 582 milioni di quest'anno, 900 per la fase di sviluppo, 500 per le attività italiane, 360 per lo stabilimento di Cameri e 10 miliardi per la fase di acquisto", scrive Il Fatto Quotidiano. In totale oltre 12 miliardi di euro fino al 2027. La Pinotti ha risposto con una nota diffusa dal suo ministero in cui ha cercato di mettere in ordine i punti nevralgici della questione. Respinge le accuse di non aver dato ascolto al Parlamento, giocando sul filo del rasoglio. I sostanza, la Pinotti ha detto che pur essendo vero che per questi tre anni cambierà poco, la rimodulazione delle spese riguardanti gli F-35 verrà affrontata in un secondo momento, in un'ottica di "lungo periodo", e che troverà attuazione solo nell’ambito della “legge sessennale per gli investimenti militari”. Insomma, più avanti. Per il momento, dice il ministro, era necessario far fronte alle altre richieste della Camera, e cioè quelle che la obbligavano a rispettare gli impegni internazionali già assunti. La Difesa ha poi rivendicato di aver limitato l'acquisto dei prossimi tre anni solo a 38 velivoli, a fronte dei 101 che erano stati programmati, ed ha assicurato che nei prossimi anni ci sarà una "rimodulazione della pianificazione dell’intero programma per generare, fino al 2026, un’ulteriore efficientamento della spesa". Una promessa che però sembra uno specchietto per le allodole, perché, come fa notare la Rivista Italiana Difesa, se si scendesse sotto la soglia dei 90 F-35 "il programma non porterebbe quei ritorni industriali attesi sulla base degli investimenti e delle politiche fatte negli ultimi 15 anni dalla Difesa italiana".

Insomma, gli F-35 i faranno con buona pace di Sel e Partito Democratico. Che sul tema, come in tanti altri, non solo tentenna, ma dice una cosa e poi ne fa un'altra. Il premier Matteo Renzi, ad esempio, durante l'incontro con gli scout a San Rossore lo scorso agosto, urlò con orgoglio ai ragazzi che i soldi spesi per gli aerei da combattimento erano "inutili". "La piu' grande arma per costruire la pace - disse - non sono gli Eurofighter o gli F35, ma la scuola. Quando fai delle spese che sono inutili, per il gusto di buttare via i soldi, ti senti piangere il cuore".

Chissà se adesso il suo cuore piange.

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