La patrimoniale sulla casa ci costa 40 miliardi l'anno

Allarme della Cgia: è un salasso. Sulle seconde abitazioni in 6 anni tasse salite di 10 miliardi

La patrimoniale sulla casa ci costa 40 miliardi l'anno

Carissima casa. Gli immobili sono da sempre croce e delizia degli italiani, ma ormai sopratutto per chi ha seconde case o immobili strumentali, sono soprattutto croce. Una condanna a ritrovarsi tassati e tartassati, con un peso fiscale soffocante che rende spesso antieconomico investire sul mattone, esclusa la prima casa. Già, l'abitazione principale è stata graziata dall'eliminazione della Tasi, ma per il resto degli immobili le imposte sono sempre più spietate. A occuparsene è stato l'ufficio studi della Cgia di Mestre, calcolando per il 2016 un carico fiscale sul patrimonio immobiliare degli italiani pari a 40,2 miliardi di euro.

Un vero tesoretto per le casse statali, curiosamente - proprio per l'affondamento della Tasi - comunque il leggero calo rispetto al 2015, quando la cifra si era attestata al 43,9 per cento. Nel totale a cui è arrivata la Cgia confluiscono Ires, Irpef, imposta di registro e di bollo e cedolare secca - ossia le imposte legate alla redditività degli immobili, che pesano per 9,1 miliardi sul dato 2016 - alle quali vanno aggiunti altri 9,9 miliardi di tasse legate al trasferimento (dall'iva alle imposte su successioni e donazioni, dagli oneri catastali alle imposte di registro) e ben 21,2 miliardi di euro che, appunto, si riferiscono ai salassi propinati ai proprietari per il possesso degli immobili, Imu, imposte di scopo, varie ed eventuali.

Chi esce a pezzi da questa equazione è il popolo dei «prigionieri della seconda casa». Ossia quanti, negli anni passati, si erano potuti permettere abitazioni in località nemmeno di particolare pregio per concedersi una villeggiatura a costi accessibili, comprando una casetta o, magari, ritrovandosela nel patrimonio perché ricevuta in eredità. Gente che non pensava di doversi presto pentire amaramente della scelta. Oggi permettersi quattro mura in collina, al mare o in campagna vuol dire sottoporsi a un salasso insopportabile per i più. Per farsene un'idea, la Cgia ha calcolato l'incremento del gettito prodotto da Ici, Imu e Tasi tra 2011 e 2016 per gli «altri immobili» (ossia escludendo le abitazioni principali e gli immobili strumentali). Scoprendo che in sei anni quelle case che fruttavano alle casse statali poco più di un miliardo di euro sono diventate - per l'erario - una miniera d'oro, arrivando a garantire l'anno scorso un gettito fiscale di 11 miliardi e mezzo di euro, con un carico decuplicato per i malcapitati proprietari.

Notevole anche l'incremento delle imposte sugli immobili strumentali, i cui proprietari si sono visti più che raddoppiare, nello stesso periodo, il prelievo fiscale, salito da meno di 5 miliardi del 2011 (4,88 miliardi di euro) a quasi 10 oggi (9,72 miliardi).

Eppure, come ricorda Paolo Zabeo, coordinatore dell'ufficio studi della Cgia, «il titolare di un'azienda non ostenta il capannone come un elemento di ricchezza, ma come un bene strumentale che serve per produrre valore aggiunto e per creare posti di lavoro». E a tutto questo si aggiunge il peso della burocrazia: per pagare le tasse, in Italia, servono 238 ore l'anno. Nell'Ue, solo Slovenia e Portogallo assillano ancora peggio i propri cittadini.

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