Politica

"Patto", la parola magica per mascherare il ribaltone

"Patto", la parola magica per mascherare il ribaltone

Per quanto Salvini, Di Maio e Renzi si sforzino di stravolgere la grammatica della crisi a colpi di post e di tweet, il lessico della politica è la spia di quello che sta per accadere. Ancora poche ore e scopriremo se la montagna della crisi partorirà un topolino, nelle sembianze di un secondogenito governo gialloverde, o piuttosto un «mostro» dalle squame giallorosse. Creature fantastiche e dove incontrarle, insomma, ma la risposta è semplice: nei corridoi di Palazzo Madama. In questo fantasy di Ferragosto la parola magica più pronunciata per evocare ribaltoni senza passare dalle urne è «patto», intendendo cioè la creazione di una nuova maggioranza targata Movimento 5 Stelle-Pd-Leu. Il termine viene accompagnato da diverse locuzioni, a seconda dei contesti: «patto di scopo», «di legislatura», «di lungo respiro», «di responsabilità istituzionale», «di svolta sociale» e via teorizzando. L'importante è non chiamarlo «inciucio», Ursula è più elegante (e pazienza se nella fiaba Disney della Sirenetta è la strega del mare...). Il primo a farsi promotore di un patto tra dem e grillini è stato Matteo Renzi, seguito a ruota da altri esponenti del suo partito come Graziano Delrio e Goffredo Bettini, il progetto è stato benedetto dai «padri nobili» Romano Prodi e Walter Veltroni; tuttavia il segretario Nicola Zingaretti è apparso freddo, forse più per timore che gli venga sfilato il partito dalle mani che per ragioni di opportunità politica. Dalle parti del Movimento è addirittura Beppe Grillo a spingere i suoi nell'abbraccio da un Matteo all'altro. In una notte di mezza estate si è passati dal burocratese di un «contratto» di governo (a tempo determinato e irrealizzabile, come si è dimostrato nei fatti), sottoscritto da pentastellati e leghisti davanti all'avvocato-notaio del popolo Giuseppe Conte, al terreno ben più scivoloso di un accordo con molte zone d'ombra dal punto di vista di contenuti e tempistiche. Se per definizione contratto è un «accordo formale di due o più parti per costruire, modificare o estinguere un rapporto giuridico», il patto si traduce in un'intesa verbale basata sulla fiducia e sul rispetto reciproco. Considerando che gli attori in questione si sono coperti di accuse e di insulti fino all'altro ieri, riesce difficile immaginare come oggi possano stringersi la mano in nome del bene comune. Un anno fa i democratici argomentavano che «non si è mai visto nessuno governare per contratto», adesso auspicano un patto salvifico per le sorti della nazione. Chiamano le altre forze politiche alla concordia e alla collaborazione, mentre nel retrobottega delle correnti Pd imperversa una guerra per bande.

C'è il sospetto che l'unico «scopo» immediato di un patto giallorosso sia quello di sottrarsi al giudizio (impietoso) degli italiani.

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