Patto su misura di Scholz e Macron. Ecco perché Giorgetti l'ha rifiutato

La nuova proposta appare discriminatoria nei confronti dell'Italia

Patto su misura di Scholz e Macron. Ecco perché Giorgetti l'ha rifiutato
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Se Francia e Germania pensano di poter curvare il Patto di Stabilità a proprio uso e consumo, non solo non avranno la loro nuova intesa ma non avranno nemmeno il Mes. Il messaggio del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, all'ultimo Ecofin è stato comunque chiarissimo perché l'Italia «non intende assumere impegni che non è in grado di rispettare». Dunque, o si cambia marcia o si resta con il vecchio Patto che, essendo di fatto inapplicabile, non fa male a nessuno. Vediamo, dunque, perché Giorgetti ha perso il suo naturale aplomb e, pur non sbattendo i pugni sul tavolo, ha rotto le uova nel paniere di Olaf Scholz ed Emmanuel Macron.

Primo punto: se le cose possono andare male, lo faranno. I Paesi ad alto debito come Italia e Spagna saranno sottoposti a una sorta di esame della qualità del debito pubblico e della capacità di ripagarlo (Debt sustainability analysis). In base a questa valutazione, poi, i singoli Paesi devono concordare piani di aggiustamento con la Commissione Ue impegnandosi a ridurre il debito/Pil nell'arco del piano che può essere di 4 o 7 anni (8 oppure 11 secondo la proposta danese). Va da sé che questa procedura crea già una discriminazione a monte all'interno di una stessa area valutaria. Insomma, se qualcuno cercasse un'opportunità per speculare al ribasso sui Btp, gli sarebbe servita su un piatto d'argento.

Secondo punto: amici e meno amici. Come corollario della discriminazione iniziale, gli Stati vengono divisi in due gruppi: coloro che hanno un deficit elevato e coloro che hanno un debito elevato. I primi sono tenuti a tornare sotto il parametro del 3% di deficit/Pil con uno sforzo di almeno lo 0,5% di Pil annuo, riducendo costantemente anche il debito. I secondi, invece, devono definire un percorso di spesa pubblica netta calibrata per consolidare e ridurre il debito, assicurando anche un deficit/Pil sostenibile al di sotto del 3% fissato dal Trattato di Maastricht. Il negoziato è ancora in corso ma, indipendentemente da quanto durerà il «periodo di transizione», è chiaro che i Paesi con debito sotto osservazione hanno poco margine di manovra per la spesa pubblica. Questa ulteriore distinzione spiega perché la Francia, inizialmente a fianco dei Paesi ad alto debito, si sia allineata alle posizioni di Berlino sperando in un trattamento da amico.

Terzo punto: io sono io e voi non siete un... È chiaro che il Marchese del Grillo sia la Germania e l'Italia vesta i panni di Gasperino il carbonaro. Non solo Roma non ha ottenuto la golden rule per escludere spese di difesa e Pnrr dal computo del deficit, ma solo un'attenuante generica relativa agli investimenti militari ma, se il nuovo Patto passasse, dovrebbe tirare a campare. È richiesto, infatti, un «margine di sicurezza controciclico» del deficit/Pil per affrontare eventuali emergenze. La trattativa è sul quantum: la nuova soglia sarà il 2,5% o il 2? Va da sé che questo sarebbe il nuovo tetto da non sforare.

Per giunta, fissato dai due Paesi che hanno ricevuto l'ok al 77% degli aiuti di Stato anti-Covid (oltre 500 miliardi) e che sovvenzionano le proprie imprese contro il caro-energia senza che Bruxelles dica nulla. L'Italia, invece, ha dovuto indebitarsi con NextGen Eu per il Pnrr. Chissà perché...

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