Il Pd cola a picco nei consensi ma pensa soltanto ai seggi

Comincia il braccio di ferro fra Renzi e le minoranze per i posti sicuri. Il partito però è quotato solo al 23%

Il Pd cola a picco nei consensi ma pensa soltanto ai seggi

Potrebbe essere pericoloso guidare un'utilitaria credendo di avere tra le mani una potente fuoriserie. Altrettanto pericoloso potrebbe essere, per il Pd renziano, pensare alle candidature dei big come se si stesse per raccogliere il 40% dei consensi, mentre l'ultimo sondaggio, pubblicato ieri dal Corsera, confermava la caduta a precipizio (23,4%). Chiaro che anche qualche «pezzo grosso» potrebbe rimanere fuori. D'altronde al momento sono 283 i deputati del Pd e 98 i senatori. A far fede agli ultimi sondaggi il partito di Renzi alle prossime elezioni ne potrebbe portare in parlamento poco più della metà. Lasciandone a casa oltre 150. Ecco che i capilista nei collegi sicuri diventano in questo modo strategici e soprattutto ambitissimi. Andrea Orlando e Dario Franceschini, leader delle due correnti minoritarie del partito, dovrebbero, come già annunciato, coprire Renzi sulla discussa ricandidatura di Maria Elena Boschi allo scopo di avere maggior visibilità nelle liste per i propri candidati. Anche Renzi dovrà venir loro incontro. Innanzitutto per la questione delle ricandidature. Lo statuto del Pd «rottamatore», infatti, prevede al comma 3 dell'articolo 21 un elemento fondamentale per capire come sarà rappresentato nella prossima legislatura il partito. La norma è chiara: non è ricandidabile per la carica di parlamentare o eurodeputato «chi ha ricoperto detta carica per la durata di tre mandati». Franceschini (già quattro all'attivo) e Orlando (tre) sarebbero fuori. L'accordo per la loro ricandidatura c'è. Lo stesso discorso però, al momento non vale per i loro colleghi di partito. Conti alla mano, sarebbero più di settanta i parlamentari Pd costretti a rimanere a casa. Tra loro, a rigore, andrebbe inserito anche il nome dell'attuale presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. La lista è piena di nomi illustri: ci sono ministri in carica, i due capigruppo di Camera e Senato. Tra i nomi più importanti vanno ricordati almeno quelli di Marco Minniti, Roberta Pinotti, Anna Finocchiaro, Gianni Cuperlo, Teresa Bellanova, Luigi Zanda, Marina Sereni, Roberto Giachetti e Giuseppe Fioroni. Anche quello di Rosy Bindi dovrebbe comparire in questa lista se non fosse che la presidente della Commissione Antimafia ha detto che non intende ricandidarsi. I rottamatori, si sa, non usano mezze misure. E solitamente sono massimalisti e rigidi. Questa volta, però, potrebbero scegliere una linea morbida. E grazie a una favorevole interpretazione dello statuto, degna di un azzeccagarbugli manzoniano, far rientrare dalla finestra molti dei big destinati alla «pensione». Ettore Rosato, ad esempio, è capogruppo alla Camera dei deputati. Anche lui ha tre legislature alle spalle. Una delle quali è durata però soltanto due anni. Quindi non ci sarebbero i canonici 15 anni da parlamentare (il tempo ordinario di tre legislature). Stesso discorso per una trentina di loro, tra cui Emanuele Fiano, altro renziano doc. Poi c'è la deroga per un 10% di candidature a discrezione della direzione del partito.

Chi saranno i salvati, oltre ai già citati Orlando e Franceschini? Tenendo conto che Renzi vuole molta società civile e millenials, e tenendo conto che i collegi col sistema maggioritario sono i meno sicuri, per i veterani sarà difficile riottenere la candidatura.

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