Matteo Renzi è fuori forma e rischia di finire in panchina, dopo l'endorsement di Giorgio Napolitano per Paolo Gentiloni, nella volata finale della campagna elettorale. Il segretario del Pd, assediato dall'inchiesta campana che sfiora i vertici della Regione guidata dal fedelissimo Vincenzo De Luca, prova a lanciare il pallone nella metà campo dell'avversario, attaccando a testa bassa Forza Italia sugli impresentabili: «Berlusconi ha fatto un'offerta, quasi commerciale, nemmeno fosse alla Standa. Dice loro venite con noi così avrete la legislatura piena». ll rottamatore, nel tentativo di rimettersi in partita, compie un autogol. L'ex premier a Circo Massimo su Radio Capital chiude la porta ai parlamentari del M5s coinvolti nello scandalo rimborsopoli «Il Pd non ospiterà transfughi M5s».
Ma il leader dei dem non poteva fare diversamente perché il Pd ha già il pienone di impresentabili. Le porte del Nazareno non potevano che restare sbarrate per esaurimento posti. E anche sui transfughi, l'ex premier ha avuto un vuoto di memoria. Dimenticando che il suo governo si è retto grazie ai voti di Denis Verdini e Angelino Alfano, entrambi eletti nelle liste dell'ex Pdl.
Sugli impresentabili, per evitare l'autogol, bastava consultare il proprio ufficio stampa e avere una copia del Fatto Quotidiano che ha pubblicato un elenco dettagliato su nomi e cognomi dei candidati del Pd che hanno (o hanno avuto) problemi con la giustizia. Da Nord a Sud: nelle liste del Pd sono schierati impresentabili ovunque. Eppure, Renzi usa l'arma degli impresentabili per attaccare gli avversari. Nella rossa Emilia, dove il leader dei dem ha candidato il trasformista Pier Ferdinando Casini, alla testa della lista nel collegio Ferrara-Modena alla Camera c'è Piero Fassino, fresco di un avviso di garanzia per turbativa d'asta e falso in atto pubblico nell'inchiesta sul «Salone del Libro». In Lombardia, correrà per il Senato nel collegio uninominale di Mantova, nelle liste di Civica popolare, Paolo Alli, coinvolto nell'inchiesta sulla sanità lombarda. In Liguria, Renzi cala Vito Vattuone, capolista del Pd nel collegio plurinominale per il Senato in Liguria, su cui pende dal 29 gennaio scorso una richiesta di rinvio a giudizio per i rimborsi regionali. Tra gli impresentabili c'è Luca Lotti, braccio destro di Renzi, indagato per rivelazione di segreto istruttorio nel caso Consip, candidato alla Camera nel collegio di Empoli. La Campania è la regione dei record: il sottosegretario alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro, indagato per tentata concussione, è capolista alla Camera del Pd nel collegio di Benevento; Franco Alfieri, il re delle fritture, imputato per omissione di atti d'ufficio, sarà in campo nel collegio uninominale del Cilento mentre Piero De Luca, figlio del governatore campano, imputato per bancarotta fraudolenta per il crac Ifil, ha ottenuto sia la candidatura nel listino che nel maggioritario. In Puglia, in piena campagna elettorale, l'assessore regionale all'Ambiente Filippo Caracciolo ha dovuto rassegnare le dimissioni dopo un'indagine per corruzione e turbativa d'asta ma ha mantenuto (non poteva fare diversamente) la candidatura nel collegio uninominale. Nel Lazio, il rottamatore ha blindato due impresentabili: Claudio Mancini, capolista nel plurinominale Lazio 2 (Frosinone-Latina) alla Camera, e Bruno Astorre, senatore uscente, numero 1 al plurinominale Lazio 2 a Palazzo Madama (Collatino-Viterbo-Guidonia). Entrambi sono coinvolti nell'inchiesta sulle spese pazze in Regione. Dovranno rispondere di peculato Silvio Lai e Gavino Manca, entrambi candidati col Pd in Sardegna.
Spese pazze è l'accusa contro un altro pezzo del governo, Vito De Filippo, sottosegretario alla Scuola, candidato in Basilicata. Tris di impresentabili in Calabria, tutti imputati per la Rimborsopoli: Ferdinando Aiello, Brunello Censore, Antonio Scalzo. Renzi voleva affondare il colpo ma è stato affondato dai suoi impresentabili.
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