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Il Pd indica Conte e sdogana Matteo. E intanto spera in un "piano B"

Zingaretti ribadisce a Mattarella che il partito appoggia il premier dimissionario. Si cerca il dialogo con Italia Viva e con i centristi Ma la via d'uscita è un governo istituzionale

Il Pd indica Conte e sdogana Matteo. E intanto spera in un "piano B"

«E io che ti devo dire? Il boccino ce l'ha in mano Renzi». Dice così un influente parlamentare del Pd poco prima che la delegazione guidata dal segretario Nicola Zingaretti salga al Colle per consultazioni. Ed ecco che la mossa del cavallo del senatore fiorentino consiste nel continuare a dettare la linea del partito da cui si è separato, dopo averlo guidato per due volte. Quindi se Renzi fa saltare il veto sul Conte ter, tanto meglio. Meglio ancora se con l'innesto di una pattuglia di responsabili. Quell'«ampia e solida base parlamentare, che sia nel solco della tradizione europeista del nostro paese» auspicata da Zingaretti all'uscita delle consultazioni con il capo dello Stato Sergio Mattarella. Una maggioranza larga, che dunque non può prescindere da Italia Viva, stando ai numeri che vediamo in Parlamento. Il segretario parla della crisi di governo come di «un atto irresponsabile», ma non pone nessun veto sui renziani. L'orizzonte è quello di un «governo di salvezza nazionale», secondo lo schema evocato da Conte alla vigilia del giro di consultazioni, guidato ancora una volta dall'avvocato del popolo italiano. Rafforzato da una maggioranza larga. Con Iv e il gruppo dei responsabili. Il tutto confidando nel fatto che alla fine Renzi non si opponga a un reincarico per il premier dimissionario. Al Nazareno il no a Renzi è difficile da far passare. Sia per i numeri esigui a Palazzo Madama, sia per via della composizione degli attuali gruppi parlamentari dei dem. Dove sono forti le componenti ex renziane, che preferiscono sicuramente continuare il dialogo con Italia Viva. «Abbiamo indicato al presidente la disponibilità del Partito Democratico a sostenere un incarico per il nuovo governo al presidente Giuseppe Conte», spiega un corrucciato Zingaretti durante la breve dichiarazione al Salone delle Feste del Quirinale. È Conte ter per questo primo giro. «Il presidente Conte si è confermato anche nel recente voto di fiducia un punto di equilibrio avanzato per gli attuali equilibri parlamentari», dice il segretario del Pd con un lessico da piena Prima Repubblica.

I dem vogliono raggiungere la maggioranza più larga possibile intorno a Conte anche agitando di nuovo lo spauracchio del voto anticipato. Nel pomeriggio corrono voci di «un partito del voto in crescita» all'interno del Pd. Walter Verini esce dalla sede del partito, nel centro di Roma, e ne approfitta per scambiare due battute con i cronisti. Il deputato ex braccio destro dell'omonimo Veltroni attacca: «Abbiamo perso fin troppo tempo con questa crisi incomprensibile che rischia anche di portarci al voto anticipato». Le sirene di Iv, con l'evocazione di Paolo Gentiloni, sono liquidate da chi è vicino al segretario «come un modo per dividerci».

Eppure questa crisi nel Pd è vissuta con sfumature diverse. Una parte consistente del partito farebbe a meno di Conte anche domattina. Sperando che l'avvocato si bruci, il sogno di ex renziani di ogni parrocchia è la cosiddetta «maggioranza Ursula». Tutti dentro, compresa la «componente moderata di Forza Italia». Insomma, in maggioranza i partiti che sostengono la Von der Leyen a Bruxelles. «A quel punto la palla passerebbe nelle mani di Berlusconi». Ci sarebbe da sciogliere solo il nodo del premier. Tecnico o politico? Intanto i dialoganti una mezza vittoria l'hanno ottenuta. Cade il veto su Iv. Zingaretti delinea un patto per «combattere la pandemia», «continuare la campagna vaccinale», «attuare Next generation Eu» e approvare una legge elettorale «di stampo proporzionale».

Poi la delegazione guidata da Zingaretti, composta dai capigruppo Delrio e Marcucci, dalla presidente dem Valentina Cuppi e dal vicesegretario Orlando, scappa via senza rispondere alle domande.

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