Salvo sorprese e ripensamenti dell'ultimo minuto il Partito Democratico, sia ufficialmente che fuori dai taccuini, conferma e ribadisce l'intenzione di non proseguire sulla strada della riforma elettorale frutto dell'accordo a 4 con Forza Italia, M5S e Lega. Lo hanno detto chiaramente Lorenzo Guerini e il relatore, Emanuele Fiano ("La legge elettorale è morta"). Anche il capogruppo dem Ettore Rosato ha specificato: "Il Pd ha già fatto una fatica enorme ad accettare il proporzionale, ulteriori sforzi al ribasso dal Pd non arriveranno".
Matteo Renzi ha convocato la segreteria del partito alle 15, riunione a palazzo Grazioli con Silvio Berlusconi anche per Forza Italia. E già in Transatlantico si torna insistentemente a parlare di fine della legislatura e di un decreto del governo con cui provvedere ad alcuni e minimi interventi tecnici per armonizzare le due leggi elettorali di Camera e Senato, così come modificate dalle sentenze della Consulta, per poi andare al voto già a fine settembre. Lo chiede ufficialmente Matteo Salvini.
Secondo fonti parlamentari del Pd, ma sulla stessa linea si starebbe posizionando anche la Lega, più prudenti invece in casa azzurra, sarebbe ormai evidente che la situazione si è deteriorata e che non è più possibile trovare un'intesa ampia su un testo di riforma elettorale. Per il Pd, inoltre, entra in gioco anche un altro fattore, di tenuta della stessa maggioranza: con l'emendamento sul Trentino approvato fuori dal "patto a 4", Svp si sfilerebbe dalla maggioranza di governo mettendo a repentaglio la vita stessa dell'esecutivo.
Al momento, dunque, la strada del "Fianum" appare senza sbocco, una legge destinata al macero. E questo nonostante sin da pochi minuti dopo il voto segreto da altre forze politiche, anche di maggioranza come Ap e Mdp, ma anche da Sinistra italiana, sia arrivata la richiesta rivolta al Pd di trovare una nuova intesa, partendo dal testo del Fianum e andando a modificare alcune cose, tra cui la soglia di sbarramento da abbassare al 3%.
Non sono esclusi, in queste ore, contatti dei partiti con il Colle più alto. Dove, viene spiegato, non si assecondano le drammatizzazioni del momento, poichè l'incidente si è verificato su un emendamento che riguarda tra l'altro una materia delicata e si rinvia quindi ogni valutazione alla fine dell'esame della riforma. Il nodo però, viene sottolineato a livello parlamentare, per le forze politiche e in primis per il Pd è che ad ora non ci sono più le condizioni per proseguire l'esame di questa riforma elettorale. Ma nel Pd le posizioni non sono univoche: ad esempio Andrea Orlando frena sul far precipitare gli eventi: "Cercherei di capire se ci sono le condizioni per proseguire un ragionamento sulla legge elettorale", dice. E ora nel Pd, viene ancora riferito, si stanno valutando le varie ipotesi in campo, ma c'è in una parte del partito il timore di restare i soli a dire no a qualsiasi altro tipo di accordo sulle riforme.
Il ragionamento, viene spiegato, è che se Forza Italia o la Lega dovessero aprire a una ripresa del confronto, allora sarebbe difficile chiamarsi fuori. Di sicuro però, scandisce un big Pd, "noi non ci mettiamo più la faccia, basta accordi al ribasso".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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