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Pd, la minoranza rompe con Renzi "Ormai è un partito personale"

Renzi torna alla carica: "Con il congresso tolgo il ricatto della scissione". La frattura con Rossi, Emiliano e Speranza. Domenica prossima la resa dei conti

Pd, la minoranza rompe con Renzi "Ormai è un partito personale"

La frattura c'è e si vede. A guidare la fronda della minoranza ci sono Roberto Speranza, Michele Emiliano e Enrico Rossi. Sono armati e combattivi. "L'esito della direzione (di lunedì, ndr) è stato profondamente deludente - tuonano i tre - e ha sancito la trasformazione del Partito democratico nel Partito di Renzi, un partito personale e leaderistico che stravolge l'impianto identitario del Pd e il suo pluralismo". Così daranno battaglia a Matteo Renzi che sta tessendo la presa definitiva del Partito democratico.

"Mi domando come sia possibile fare una scissione sulla data di convocazione del congresso e non sulle idee". Nella enews di oggi Renzi cerca di spegnere i mal di pancia che montano al Nazareno. Lo strappo alla direzione del partito è stato il primo passo per farsi (ri)eleggere segretario e annientare i dissidi interni. "Non è la prima volta che alcuni compagni di partito cercano ogni pretesto per alimentare tensioni interne - dice l'ex premier - e io non voglio dare alcun pretesto, davvero. Voglio togliere ogni alibi. E anche se il grido 'congresso o scissione' sembra un ricatto morale, accettiamo di nuovo il congresso dicendoci: ragazzi, dobbiamo essere responsabili". Il suo obiettivo è "blindare" il partito. Far partire il percorso del congresso. Domenica ci sarà la resa dei conti all'assemblea, poi è probabile che il giorno dopo venga convocata una direzione per la composizione della commissione di garanzia. "In un partito democratico il congresso (con primarie) non è una parolaccia - continua nella enews - ma il luogo in cui decidono gli iscritti e i simpatizzanti".

Il segretario dem sta lavorando al manifesto da presentare al più presto e ha già dato ai suoi l'appuntamento al Lingotto, dove il Pd nacque nel 2007 con Walter Veltroni segretario. Da lì partirà la sua campagna elettorale. "Il patto con Franceschini regge", dicono i suoi. Che prevedono, qualora si dovesse riuscire a modificare la legge elettorale, un percorso che porti all'accordo con il premio alla coalizione. Con l'obiettivo di arrivare, quando si andrà alle urne, a raggiungere il 40%. Contando sull'apporto di Giuliano Pisapia a sinistra e eventualmente di Angelino Alfano. Nei prossimi giorni si discuterà delle regole, della possibilità che ci sia una sola lista a sostegno di Renzi nella corsa alle primarie (una delle ipotesi è che ce ne siano due, una con renziani e franceschiniani; un'altra con Orfini e Martina), ovvero se prevarrà la linea di contarsi.

Renzi dovrà, però, fare i conti con la minoranza. Sabato Emiliano, Rossi e Speranza si daranno appuntamento al Teatro Vittoria con l'obiettivo di "costruire un'azione politica comune" che impedisca "una deriva dagli sviluppi irreparabili". I tre accusano il segretario di non rappresentare più le diverse anime del partito. "L'ultima direzione - incalzano - ha sancito la trasformazione del Pd nel Partito di Renzi, un partito personale e leaderistico che stravolge l'impianto identitario del PD e il suo pluralismo". A far precipitare la rottura è stato il mancato sostegno di Renzi al governo Gentiloni sino alla sua scadenza naturale.

"Il Pd - concludono - non può smarrire la sua natura di partito del centrosinistra, che trova le sue ragioni fondative nel principio dell'uguaglianza e nei valori della Costituzione".

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